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Spot Amica Chips, polemiche per la suora che mangia patate al posto dell'ostia

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Roberto Tortora
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Una patatina fritta? È blasfema. Il nuovo spot dell’Amica Chips ha fatto trasalire quelli dell’Aiart, l’associazione dei telespettatori cattolici che ne chiede l’immediata sospensione, perché “offende la sensibilità religiosa di milioni di cattolici praticanti”. Perché tanto scandalo? Perché nella pubblicità si osservano alcune suore di un convento prendere parte alla messa e, al momento della consegna dell’ostia, il prete porge loro qualcosa di molto meno spirituale, ma probabilmente molto più gustoso e croccante: la patatina dell’Amica Chips, il cui crunch risuona nell’eco della chiesa. Con tanto di stupore della prima sorella che non si aspettava una simile novità. Lo spot, della classica durata di 30 secondi, è stato prodotto dall’agenzia Lorenzo Marini Group.

Il presidente dell’Aiart, Giovanni Baggio, è contrariato e ha segnalato lo spot all’Istituto di Autodisciplina pubblicitaria: “Considero lo spot oltraggioso, perché banalizza l’accostamento tra patatina e la particola consacrata. È contrario agli articoli 1 e 10, lealtà della comunicazione, convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona, del codice di autodisciplina della comunicazione commerciale. È la spia – dice ancora Baggio – di una sensibilità sociale ed indifferenza etica che non contraddistingue soltanto il comportamento di una azienda e di un pubblicitario.

Ci si appella al politically correct e alla cancel culture, ma solo contro la religione cristiana (ma solo quella) ci si sente autorizzati a qualsiasi obbrobrio? Lo spot denota mancanza di rispetto e di creatività, oltre che spia dell’incapacità di fare marketing senza ricorrere a simboli che con il consumo e il croccante nulla hanno a che fare. L’offesa al sentimento religioso di qualunque confessione – conclude Baggio - è la spia della mancanza di rispetto nei confronti degli utenti, della loro identità culturale e morale, della loro dignità di persona. Strappare un applauso ad un pubblico compiacente con riferimenti blasfemi è degradante per chi fa, o pretende di fare, pubblicità. Per la serie, purché se ne parli”.

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