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Scurati, Saccà e il tariffario Rai: "Troppi duemila euro per un minuto"

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"Certo che Antonio Scurati è saltato. Ha chiesto 2mila euro per un mini-intervento". Altro che censura, altro che TeleMeloni: dietro alla mancata ospitata dello scrittore a Che sarà, su Rai 3, c'è solo una questione economica. Poche centinaia di euro, certo, ma che hanno indispettito non poco viale Mazzini. Parola di Agostino Saccà, storico dirigente Rai, che al Tempo spiega la questione dei "tariffari" nella tv di Stato. 

Innanzitutto, sgombriamo il campo dalle strumentalizzazioni: TeleMeloni non esiste. "Nei due catalizzatori di pubblico, Tg 1 e Rai 1 - spiega l'ex vicedirettore di Rai 2, due volte direttore di Rai 1, direttore del palinsesto e del marketing, direttore generale e capo della fiction - non c'è alcun segnale di sbandamento dell'ascolto sulla parte sinistra del pubblico, c'è evidente equilibrio: il Tg 1 ad aprile cresce di 1,5% sull'aprile dell'anno scorso e la rete cresce di quasi due punti quest'anno rispetto all'anno passato. Chi guarda la televisione si rende conto che non ci sono squilibri". 

 

 

 

Su Scurati, spiega Saccà, comandano i meccanismi aziendali. "Ci sono tabelle tariffarie sulle prestazioni degli artisti, basate sui precedenti per tipologia. E ci sono funzionari molto burocratizzati che non concedono deroghe. Se l'artista, il giornalista o lo scrittore chiede duemila euro per un reading di uno o due minuti, il funzionario non autorizza". Il vero problema della Rai, allora, è un altro: la concorrenza con le altre reti private. "Nel Cda siede come osservatore un giudice della Corte dei Conti, lo sapete? Una impresa che deve fare concorrenza viene imbrigliata, per una regola dissennata dovuta a una sentenza della Cassazione, deve rispettare tabelle rigidissime. Il punto è questo".

 

 

 

"C'è un tema oggettivo di costo - prosegue sul caso Scurati -. Non è che duemila euro siano tanti o pochi. I documentari sofisticati vengono pagati duemila euro al minuto. La fiction anche di più. E' un problema autorizzativo: per questa specifica tipologia di prodotto, un breve reading o un monologo di sessanta secondi non c'è il precedente di un pagamento di duemila euro. E tutti, funzionari e dirigenti, sono preoccupati di ricevere contestazioni o peggio, di vedersi imputare il danno erariale. Sono terrorizzati". Su questo, conclude Saccà, l'Usigrai dovrebbe fare una battaglia e scioperare. 

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