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Di Martedì, Barbero: "Mio nonno fascista è stato fucilato dai partigiani"

Roberto Tortora
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Il 25 aprile si avvicina e, come ogni anno, si scatena il dibattito tra antifascisti e nostalgici del ventennio, ognuno con teorie opposte all’altro. In una recente intervista, il ministro per le Politiche agricole, Francesco Lollobrigida, ha detto che “il termine antifascismo è troppo generico e purtroppo ha portato in tanti anni a tanti morti”. Su queste dichiarazioni e su questo tema si discute a DiMartedì, il talk di approfondimento politico e sociale di La7, condotto da Giovanni Floris. 

Tra gli ospiti, c’è il famoso scrittore e storico Alessandro Barbero, che si oppone con forza: “Il problema di quella parte d'Italia che ha continuato a insegnare ai bambini in casa che la resistenza è stata fatta da criminali è che, effettivamente, come tanti italiani stava dall'altra parte. Tanti italiani hanno sofferto nella guerra partigiana, tanti italiani si son sentiti sconfitti e questo è un dato di fatto. Ma in ogni guerra – spiega Barbero - c'è chi vince e c'è chi è sconfitto e ci sono guerre in cui non è così evidente chi sta dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata. La tragedia dell'Italia – prosegue lo storico - è proprio che c'è questa difficoltà di andare al di là della propria memoria, la memoria di tante famiglie. Io ho due nonni fascisti e uno è stato fucilato dai partigiani, però, con tutto il dolore che la mia famiglia ha provato per questo e forse perché faccio lo storico, so che la memoria da sola non basta. Già, perché ognuno ha la sua e bisogna andare più in là e arrivare alla storia, il che vuol dire che io capisco il tuo punto di vista, però anche tu non puoi restare chiuso dentro questa cosa".

 

Perché, allora, c'è il dibattito sull'antifascismo? Barbero la spiega così: “Dipende da dove si è cresciuti, in quale famiglia, in quale pezzo d'Italia. C'è un pezzo d'Italia dove ormai, da 3 generazioni, ai bambini s'insegna che il regime ha fatto anche cose buone e che invece i partigiani erano degli scavezzacollo o peggio, dei ladri di galline o magari dei criminali e che quindi non c'è nessun motivo di festeggiare il 25 aprile, una parte d'Italia è rimasta così. Che oggi, quasi un secolo dopo, sia così difficile dire 'ragazzi dai ammettiamolo, c'era una parte giusta e una parte sbagliata, non c'è mai stata una guerra in cui fosse così evidente’ è inquietante. Conseguenze pericolose e negative per chi poi va al governo – continua la sua analisi storica Barbero - ci sono, non tanto perché rischiamo di essere messi di nuovo tutti in camicia nera a marciare, non credo che rischiamo di avere un governo che invaderà di nuovo l'Etiopia e dichiarerà guerra agli Stati Uniti come fece Mussolini, anzi mi sentirei proprio di escluderlo. I simboli, però, sono importanti. Se noi oggi siamo ancora qui, in un Paese che continua a spaccarsi tra chi sta con i partigiani e chi sta con i fascisti, vuol dire che queste non sono cose superficiali, ma radicate profondamente nell'identità italiana. Il fatto che chi sta al governo, e dovrebbe aver giurato su una costituzione antifascista, invece faccia così fatica a dirsi antifascista, il che vuol dire che sei fascista, perché o l'uno o l'altro, beh questa mi sembra una cosa inquietante”.

 

 

 

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