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Addio a Peggy Moffit, la prima modella che posò in topless

Nicoletta Orlandi Posti
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Era il giugno del 1964, esattamente sessant'anni fa, quando Peggy Moffitt apparve sulla copertina di Women’s Wear Daily indossando il monokini, un costume da bagno che lasciava scoperto il seno, disegnato da Rudi Gernreich. La fotografia, scattata dal marito e fotografo William Claxton, fece scalpore, trasformando immediatamente la modella in un'icona anticonformista. Purtroppo Peggy Moffitt se ne è andata - la notizia è la sua scomparsa a Beverly Hills, all'età di 87 anni dopo una lunga malattia - ma l'importanza di quell'audace gesto di togliere pubblicamente il reggiseno resterà per sempre uno dei momenti più rivoluzionari nella storia della moda e della cultura degli anni '60. Val la pena ricordare, infatti, che all'epoca, i giornali rappresentavano l'unico sguardo sul mondo, con un impatto simile a quello che i social  hanno oggi. Quell'immagine estrema e audace divenne subito un cult, suscitando dibattiti e critiche ma anche ammirazione per il coraggio e la determinazione della Moffitt, che, come ha raccontato suo figlio, Christopher Claxton, faceva parte di una generazione di giovani donne desiderose di spingersi oltre i limiti, esplorare nuovi orizzonti, ma senza voler essere percepite come “cattive ragazze”. La sicurezza che trovava nel rapporto con suo marito e la fiducia nel lavoro di Gernreich le permisero di esprimere appieno la sua creatività e il suo potenziale.

 


Il topless di Peggy Moffitt non fu soltanto un atto di provocazione estetica, ma una dichiarazione di indipendenza che andava oltre la moda. In un'epoca in cui le donne lottavano per maggiori libertà sociali e politiche, il gesto di Moffitt rappresentava un'affermazione del nostro diritto di esprimere la propria identità e sessualità senza paura di giudizi o condanne. La sua scelta di mostrarsi senza reggiseno fu un simbolo di rivendicazione del corpo femminile, un atto di sfida ai canoni tradizionali che incoraggiò molte altre donne a fare lo stesso.  La modella, che era anche artista, con il suo background in recitazione e danza, era profondamente consapevole del potere comunicativo del corpo. Ogni sua posa rifletteva una comprensione profonda della forma e del movimento, trasformando il semplice atto di indossare un capo di abbigliamento in una performance artistica. Il suo modo di interpretare le creazioni di Gernreich non solo le rendeva iconiche, ma aggiungeva loro una dimensione emotiva e intellettuale che le rendeva strumenti potenti di espressione culturale.

 

L'importanza del gesto di Peggy Moffitt risuona ancora oggi, riflettendosi in altri atti di resistenza femminile. Le donne afghane, ad esempio, che si tagliano i capelli in pubblico per protestare contro le restrizioni oppressive del regime, continuano questa tradizione di ribellione attraverso gesti simbolici. Come il topless di Moffitt, questi atti non sono solo espressioni di protesta, ma rappresentazioni visibili della lotta per la libertà e l'autodeterminazione. Anche il movimento #MeToo ha mostrato il potere dei gesti e delle parole nel cambiare la società. Le donne che hanno rotto il silenzio sugli abusi subiti hanno aperto un dibattito globale, sfidando un sistema che per troppo tempo ha perpetuato il silenzio e la sottomissione.  Il coraggio di Peggy Moffitt ha aperto la strada a una nuova generazione di donne, che hanno imparato a vedere il corpo non come un oggetto da modellare secondo le aspettative altrui, ma come un'espressione della propria identità e forza interiore. Peggy Moffitt ci ha insegnato che il cambiamento può cominciare con un solo gesto, e che ogni donna ha il potere di cambiare il mondo.

 

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