Se pensate che Pinocchio (1883) di Carlo Collodi sia soltanto la storia di un burattino, non avete capito niente, e vi siete persi un capitale di “virtude e canoscenza”, per dirla con Dante. E non basta il volto di quel bambino straordinario che si chiamava Balestri ed era protetto da una fatina nostrana di nome Lollobrigida, nel film che ne trasse Luigi Comencini. Molti ignorano che si tratta di un’opera piena di simbologie, «un miracolo letterario dalla profondità esoterica quasi intollerabile», questo aveva scritto Elémire Zolla, e del suo pensiero ha fatto tesoro lo scrittore Mario Bernardi Guardi, che da questo concetto (esoterico è quanto riservato solo agli iniziati e ai discepoli) ha elaborato una riletttura della favola più tradotta e letta al mondo (è terzo dopo la Bibbia e il Corano), anche simbolo del sogno, della voglia di mettere le ali e liberarsi dalla mediocrità del mondo, dalle perfidie, dall’ansia di essere o diventare migliori, dall'illusione di riuscire a doppiare le banalità dell'esistenza, evitando di restare asini a vita.
La trama si sdoppia fra passato e presente, cioè il burattino iniziale (ma l'autore precisa che si dovrebbe dire marionetta), e il ragazzo che era diventato, uscendo dalla gabbia della sua architettura di legno e passando attraverso la pelle di un ciuchino. L'impresa di Mario Bernardi Guardi si intitola Il ragazzo che fu Pinocchio, sottotitolo Storia di un burattino morto e risorto bambino (Mauro Pagliai Editore, pag.115, euro 12). Suddiviso e raccontato con singolare abilità, attraverso “paragrafi”, più che banali capitoli, il libro di Bernardi Guardi inizia dal dolore, riferimento obbligato, dal quale non è esente nessuno : «Pinocchio è stato un ciuco, lo è diventato per aver dato retta all'untuoso Omino di burro, immergendosi nel frastuono colorato del Paese dei Balocchi... Pinocchio accetta di fare il ciuco, e lo fa volentieri, immergendosi in una fatica che non ha mai provato prima».
E c'è anche la scoperta dell'amico Lucignolo morente. Logico pensare a colei che lo aveva sempre aiutato, la Fata dai capelli turchini che Pinocchio aveva considerato dapprima una sorellina, e poi una mamma, che lo salvò addirittura dalla morte. Lei è malata e gli manda la messaggera Lumaca: è l'inizio della via Crucis per trasformarsi in un ragazzo. E quando lo diventa, e vede il suo “scheletro” di ex burattino appoggiato a una sedia, si chiede chi sia davvero. L’interrogativo lo disturba, lo tormenta, appare simile a quella domanda straziante, una persecuzione che portano con sé i bambini abbandonati alla nascita che non conosceranno mai le loro origini. E si chiedono, invano, chi fosse la madre che li ha abbandonati. Lui l’ha sognata, la mamma, e ritiene logico, ora che è diventato un bel ragazzino, che dovrebbe essergli vicina per sbaciucchiarlo e coccolarlo.
Ma era o non era la Fata Turchina, la sua mamma? Quando lei non si fa vedere, Pinocchio immagina che sia impegnata in giro per il mondo ad aiutare altri bambini. Oppure che sia tornata in cielo, e stia raccontando ad altre fate turchine la loro storia. Poi però gli viene in mente che potrebbe essere stata rapita, per costringerla a fare del male, usando le sue magie, perché purtroppo il nostro mondo è fatto di cattiverie. Il suo habitat è affollato di gatti e di volpi meschine: quanto è vero, capita anche a noi, tutti pronti ad ingannarci e raggirarci, così come, fra coloro che fanno il loro giusto dovere, ci sono carabinieri ottusi che arrestano chi non lo merita, giudici fuori di testa che mandano in carcere gli innocenti, una schiera di “Omini di burro” che, chiamiamoli così, ti manipolano, accarezzandoti, lisciandoti la pelle finchè non diventa pelle d'asino.
Quanto è efficace e quanto è attuale il parallelo che porta alle simbologie di Collodi così amate da Bernardi Guardi. Chi non si è imbattuto in qualcuna delle sfortune che abbiamo elencato? E non c'è soltanto il mistero della maternità, per Pinocchio, ma anche quello della paternità. Sì, Babbo Geppetto gli ha voluto un gran bene, ma nel momento in cui diventa ragazzo capisce che i papà reali sono un’altra cosa, mettono al mondo i figli in modo diverso da come gli ha dato la vita il vecchio falegname, che lo ha fatto nascere scalpellando un pezzo di legno destinato a diventare la gamba di una sedia. Quante domande senza risposte, quanti misteri, per Pinocchio, prima di salire una scalinata e arrivare a una sala vasta come quella di una reggia, al centro un trono dove siede lei, la fata Turchina, che gli racconta di chiamarsi Iside, e di aver sposato il fratello Osiride, insieme vanno su e giù tra la terra e il cielo... Il resto lo lasciamo agli interrogativi (esoterici?) del lettore.Che ne trarrà grande piacere.