Corsa a farsi lo spot sulla bara di Pippo Baudo

In diverse occasioni recenti, la cosa è accaduta per davvero, fisicamente e materialmente: con i soliti sciagurati pronti a impugnare il telefonino e a scattarsi un selfie con vista sulla bara nel pieno di una camera ardente o di una cerimonia funebre
di Daniele Capezzonemartedì 19 agosto 2025
Corsa a farsi lo spot sulla bara di Pippo Baudo

3' di lettura

In diverse occasioni recenti, la cosa è accaduta per davvero, fisicamente e materialmente: con i soliti sciagurati pronti a impugnare il telefonino e a scattarsi un selfie con vista sulla bara nel pieno di una camera ardente o di una cerimonia funebre. Non sappiamo se una simile volgarità si ripeterà da qui ai funerali di Pippo Baudo previsti per mercoledì. C’è da temere di sì, ovviamente. Ma intanto siamo stati costretti ad assistere ad una cafonata ancora peggiore: mi riferisco, con poche eccezioni (di chi conosceva davvero Baudo e aveva autentica familiarità con lui: penso ad esempio alla bellissima intervista a Lino Banfi pubblicata qui su Libero ieri mattina), alla sfilata autoreferenziale di vip, vipponi e vippetti lestissimi a usare la morte del presentatore come un’occasione (più o meno involontariamente) autopromozionale. La tecnica la conoscete a memoria: “lui e io”, anzi “io e lui”, “gli feci quell’ultima telefonata”, “lui era il mio maestro”, “lui mi disse”, “lui mi scelse”, con uno slittamento pressoché immediato dal parlare di Baudo al parlare dell’argomento preferito, cioè di se stessi.

Ora, nel caso dell’inopportuno e sgraziato selfie del cittadino anonimo, siamo in presenza del sintomo di una profonda inconsapevolezza: inconsapevolezza del luogo, del momento, del senso stesso della vita e della morte. E già questo suscita un certo avvilimento: ogni persona ragionevole comprende che siamo nel pieno di una deriva, forse non più arrestabile, che ci sta portando in territori a dir poco imbarazzanti. Qualcuno, acutamente, ha definito i cellulari come una nostra “protesi emozionale”. Forse è il caso di invertire le cose: siamo noi ad esser divenuti “protesi umane” di quegli smartphone. Cosa intendo dire?

Non solo per i più giovani, non solo peri nativi digitali, ma anche per persone più grandi di età, il rovesciamento delle cose è tale per cui la vita “vera” non è più quella reale, ma proprio quella virtuale. Anzi, è irrefrenabile la tentazione di trasformare tutto quello che ci sta intorno nel palcoscenico e nella scenografia di ciò che dobbiamo mettere su Instagram, di ciò che dobbiamo condividere, di ciò che dobbiamo “whatsappare” agli amici. È così: non facciamo finta di negarlo. E dunque non c’è più un freno? Temo di no. È sacrosanto ma ormai fuori tempo massimo addolorarsi per il fatto che, anche davanti a situazioni estreme (un’aggressione in corso, un incidente stradale, un funerale), pochissimi sembrino in grado di controllarsi. Anzi: quanto più grave è l’evento, tanto più diventa “irresistibile” l’impulso di riprenderlo per socializzarlo-condividerlo-whatsapparlo. Ma tutto questo - pur sgradevolissimo - è addirittura poco rispetto alla cafonata del vip vero o presunto (lui sì: “morto di fama”), che si precipita a rilasciare dichiarazioni, a postare foto, a snocciolare aneddoti, a esibire un’intimità con la persona deceduta di cui non possiamo essere certi. Qui siamo oltre: per certi versi, è decisamente un atto più insensibile e rozzo rispetto a quello dell’anonimo selfista. In questo caso, infatti, subentra il piccolo calcolo, e non sembra esserci più limite all’esibizionismo, all’uso del dolore (altrui) come trampolino per la self-promotion (propria). E allora - è proprio il caso di chiederlo - scansatevi. Non “impallate” pure la bara: “impallare” - nel gergo televisivo - è l’atto di chi si frappone tra una telecamera e il soggetto principale della ripresa. Gentili vip (veri, aspiranti o in prova), astenetevi da questo esercizio nella camera ardente e poi al funerale. Una presenza può anche essere silenziosa. Meglio ancora: chi tace può perfino convincerci di essere - almeno un poco veramente dispiaciuto e commosso.