A terra un tappeto di lanterne di carta illuminate dalla luce fioca delle candele in una sala avvolta nel buio, nell’aria il profumo di incenso accompagnato dalle note di Ludovico Einaudi ad accogliere il feretro di Giorgio Armani, arrivato ieri mattina alle 8 in punto in via Borgognona (a Milano), già gremita di persone in coda per l’ultimo saluto al Re della moda.La bara, semplice, in legno, viene posata al centro della camera ardente - lì dove lo stilista presentava le sue straordinarie collezioni -, con un mazzo di candide rose adagiato sopra. Dietro una lastra di alabastro con un crocifisso. Alle spalle del feretro, su un maxi schermo, il ritratto sorridente del signor Armani, come lui amava farsi chiamare, e il suo ultimo messaggio: «Il segno che spero di lasciare è fatto di impegno, rispetto e attenzione per le persone e per la realtà. È da lì che tutto comincia». Presente un addolorato Leo Dell’Orco, il suo compagno e braccio destro. Accanto, un picchetto d’onore di carabinieri in alta uniforme veglia in silenzio. Spunta anche una sciarpa dell’Olimpia Basket, la sua squadra, rilevata dallo stilista malismo fa parte della mia natura, del mio modo di vivere, mangiare, dosare le mie apparizioni mondane. Ed è stato, fin dall’inizio della mia carriera, anche la bandiera del mio stile, denso di contenuti e privo di inutili supporti». Con la stessa sobrietà (anche negli abiti) che tanto piaceva a Re Giorgio si sono presentati ieri oltre seimila milanesi (e non solo), uomini e donne di tutte le età, occhiali scuri e visi contratti, in silenzio religioso alla camera ardente allestita all’Armani/Teatro. Tra i primi ad arrivare il sindaco di Milano Beppe Sala che propone l’iscrizione dello stilista al Famedio, lo spazio al cimitero monumentale dedicato ai milanesi illustri. «Ci lascia il suo credo assoluto nel lavoro come strumento di realizzazione personale e professionale. Dietro un’immagine a volte fredda- ha detto - era un uomo con un grandissimo calore, aveva vissuto le sue difficoltà e per questo capiva quelle degli altri».
Poi John Elkann, il ct dell’Olimpia Ettore Messina, il presidente di Federbasket Gianni Petrucci, gli ex primi cittadini Gabriele Albertini e Letizia Moratti. E ancora Carlo Capasa e Mario Boselli per Camera della Moda, Donatella Versace, che ha portato un mazzo di fiori bianchi, Matteo Marzotto e Federico Marchetti. Una lunga processione di volti noti anche dello spettacolo, da Beppe Fiorello a Simona Ventura, da Maria Grazia Cucinotta a Gabriele Salvatores, e visibilmente emozionati per un addio al grande stilista, ricordato da tutti come geniale, gentile, visionario. Accanto alle personalità della moda, della cultura, dello spettacolo e dello sport, accanto ai rappresentanti delle istituzioni e ai moltissimi milanesi, i dipendenti del Gruppo Armani che sono entrati in via Bergognone seguendo una corsia riservata. Nessuna dichiarazione per politica aziendale e rispetto del momento, ma tanta commozione nei loro occhi. «In questa azienda ci siamo sempre sentiti parte di una famiglia», hanno scritto annunciando giovedì pomeriggio la morte dello stilista. Una famiglia che il Re della moda «ha fondato e fatto crescere con visione, passione e dedizione». La camera ardente sarà aperta anche oggi dalle 9 alle 18 mentre ai funerali in forma privata di domani sono ammesse una ventina di persone, la sua famiglia e gli affetti più cari.