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Otto e mezzo, il figlio di Barghouti: "Trump, liberalo. Perché è in carcere"

di Claudio Brigliadori lunedì 27 ottobre 2025

2' di lettura

Lilli Gruber entra a gamba tesa nel dibattito sul Medio Oriente e la tesi del "Due popoli, due stati" ospitando in collegamento a Otto e mezzo, su La7, Arab Barghouti, figlio di quel Marwan Barghouti leader palestinese ancora nelle carceri di Israele. Il governo di Bibi Netanyahu ha rifiutato di rimetterlo in libertà nell'ambito degli accordi di pace di Sharm el Sheik proprio in virtù del suo ruolo ideologico e del suo curriculum criminale, essendo stato condannato a 5 ergastoli per terrorismo. Ciononostante, il mondo più vicino ai palestinesi continua a considerarlo l'unico nome spendibile per l'eventuale dopo-Hamas.

"Ci servono elezioni, serve votare ed eleggere una leadership credibile. Dopo tutti i traumi che i palestinesi hanno dovuto subire negli ultimi decenni, bisogna smettere e far cessare questo ciclo di violenza. La comunità internazionale sostiene la soluzione dei due Stati, ma questo può avvenire solo se c'è un leader come mio padre che può rappresentare tutti", spiega Arab dalla Gruber. "Netanyahu lo teme - ha proseguito - perché rappresenta una voce importante. E' il leader palestinese più popolare e il premier israeliano non vuole una Palestina unita, né una soluzione a due stati. Spero che Trump imponga la liberazione di mio padre, che qualcuno dei leader occidentali lo faccia".

Il padre, in carcere in Israele da oltre vent'anni, ha subito "un processo non giusto, pieno di fallacie." "Mia madre ha lavorato alla campagna per il rilascio di mio padre, si è molto impegnata. Lei è in contatto con governi locali e occidentali per portare avanti la liberazione. Se si vuole creare una situazione sicura e chiara serve un leader sostenuto e che sostenga il popolo palestinese. Sono felice che oltre gli americani ci siano tanti governi occidentali che si stanno svegliando e accorgendo che serve un leader del genere. Credo che anche Hamas lo accetterebbe, ma il problema resta con gli israeliani", ha dichiarato. 

"La condanna di mio padre aveva a che fare con il suo ruolo nelle rivolte. La sua storia rappresenta 50 anni di sostegno alla soluzione dei due stati e a favore della Palestina e del popolo palestinese. Gli israeliani gli hanno dato la responsabilità per alcune rivolte, ma se leggiamo il rapporto dell'unione interparlamentare vediamo che a mio padre è stato fatto un processo non giusto, pieno di fallacie". 
 

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