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Marcell Jacobs, la provocazione degli inglesi prima della finale dei 100: lontano dalle telecamere...

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L'oro olimpico nei 100, poi quello europeo. Ora Marcell Jacobs torna a volare alto, altissimo, dopo un anno vissuto pericolosamente tra ambizioni, infortuni e delusioni. Guarda ai Mondiali di Budapest del 2023, dopo l'amarezza di quello di Eugenie, negli Usa, che lo ha visto dare forfait in semifinale per guai fisici. Il recupero e l'impresa a Monaco di Baviera lo ha gasato: si confronta con miti come Mennea e LeBron James e fissa un altro obiettivo, gareggiare negli Usa in cerca di gloria, conferme e anche un bel po' di dollari. 

L'ultimo azzurro oro nella velocità era stato, ovviamente, Pietro Mennea, 44 anni fa. "Non si possono fare raffronti, ognuno ha il suo stile e la sua personalità. Sono contento di venire dopo Mennea. Il miglior modo di contare è quello di lasciare una scia, di stimolare chi viene dopo di te", spiega il velocista italiano con papà texano in una intervista a Repubblica. "Io quello volevo fare da bambino, essere uno da cui si poteva trarre ispirazione. Io stesso ho delle figure di riferimento: LeBron James, nel basket, uno che viene dal nulla, Lewis Hamilton che ha rivoluzionato la Formula Uno, e Usain Bolt che ha cambiato l'atletica". La sua forma, nonostante la vittoria, non è ancora ottimale ma c'è la staffetta: "Sono pronto a correre la seconda frazione, il cambio con Patta funziona abbastanza bene, tocca al professor Di Mulo decidere chi sono gli altri frazionisti visto che alla prima uscita Desalu e Tortu non sono disponibili per una questione di orari, essendo loro impegnati nella gara singola dei 200 metri". 

Ha però finalmente scansato i dubbi e i sospetti maliziosi. L'oro di Tokyo (doppio, c'era anche la 4x100) aveva scatenato i complottisti: "one hit wonder", colpo di fortuna di un signor nessuno. O, peggio, doping. "L'atmosfera nella call room era pesante", rivela Jacobs a proposito della finale. "Prima della gara, gli inglesi hanno cercato di darmi qualche spallatina, così per intimorirmi. Però alla fine si sono complimentati, Hughes si è avvicinato e mi ha detto: ho molto rispetto per te. Non ho mai avuto problemi di credibilità con gli altri sprinter, a dubitare di me è stata l'anno scorso la stampa inglese, non gli atleti". 


 

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