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Roberto Mancini, cosa c'è dietro la rinascita dell'Italia

Claudio Savelli
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Roberto Mancini ha trovato per caso la nuova Italia, se è vero che aveva convocato quattro ali offensive che poi non ha utilizzato perché non previste nel 3-5-2. Il nuovo modulo è nato come un ripiego alla momentanea assenza di Chiesa e Berardi (le ali titolari) e un modo furbo per coprirsi e riacquisire certezze difensive in un periodo difficile. Ma, nel giro di due partite, è diventato una finestra sul futuro.

 


Una soluzione. Cambiato sistema di gioco, l'Italia funziona, dopo che i meccanismi erano inceppati da oltre un anno. Vuol dire che il 3-5-2 non ha bisogno di essere allenato, e non ne ha bisogno perché tutti gli azzurri lo conoscono, essendo (ab)usato in serie A e oltre.
Quel che sembrava un passo indietro dal punto di vista tattico (un modulo teoricamente meno offensivo del 4-3-3) e filosofico (baricentro più basso, meno possesso, più ripartenze) si è rivelato in realtà il primo balzo in avanti post-Europeo. L'Italia vista contro Inghilterra e Ungheria è perfettibile ma, non per caso, ha ritrovato quel senso d'esistere che aveva perso dopo la notte di Wembley. Quell'assenza è costata anche il Mondiale. Mancini non si era ac corto - o se ne era accorto ma ha peccato di riconoscenza - che il ciclo era terminato all'Europeo. Ha preferito conservare la squadra vincente e si è ritrovato con una formazione senza gioco né ani ma, che cercava invano di copiare se stessa. Il 3-5-2 è un'acceleratore. Aiuta a costruire il futuro velocemente e, contrariamente a quanto si possa pensare, contiene interessanti evoluzioni. Il 3-4-3, infatti, renderebbe utili anche gli esterni offensivi di cui sopra, unici esclusi dalla novità.

 


Richiederebbe una piccola modifica al centrocampo, non più un regista più due mezzali ma due mediani, ma tutti gli azzurri sono adatti a entrambe le sistemazioni: Jorginho ha giocato per due anni nel 3-4-3 di Tuchel, Verratti lo sta facendo nel Psg, Tonali e Pobega giocano "a due" nel Milan, Barella potrebbe farlo senza problemi, Cristante e Pellegrini lo fanno nella Roma e quest' ultimo può anche giocare dietro la punta, da trequartista o falso esterno, diventando una variabile a gara in corso. La difesa a tre allunga la carriera ai vari Bonucci e Acerbi, rende più utile Toloi, mette a loro agio gli eredi Bastoni e Mancini. Tutto torna anche sugli esterni: Spinazzola nel suo habitat, Di Lorenzo alle origini, Dimarco in rampa di lancio e fari accesi su Udogie, talento di cui c'è un gran bisogno lasciato in Under 21 per incompatibilità con il 4-3-3. E che dire di Immobile? In una formazione che attacca in verticale potrebbe finalmente esprimersi in azzurro, come faceva in biancoceleste. Tutto torna. O almeno comincia a tornare. 

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