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Luciano Spalletti, il video alle elementari che tutti dovrebbero vedere

di Francesco Specchia mercoledì 9 novembre 2022

4' di lettura

Il video di Spalletti La scena è una rabona cucita nell'aria, un respiro di civiltà ai margini dell'area di rigore del campetto del Napoli, in una bolla di quiete a Castel Volturno. La scena sembra uscita da uno di quei racconti di Osvaldo Soriano in cui il calcio è saldezza da dopoguerra, l'eterna scoperta del giorno conquistato. Solo che qui il protagonista non è un mediano sognatore, né un arbitro che usa la rivoltella al posto del fischietto, né un portiere attempato come El Gato Diaz l'uomo che «parò il rigore più lungo del mondo», come raccontava Soriano. Qui c'è solo Luciano Spalletti che finisce l'allenamento, quello alla vigilia di Napoli-Empoli; e si avvicina ad un gruppetto di piccoli tifosi in adorazione. E, in cinquantanove secondi scanditi, videoripresi e poi mandati a loop nei social, l'allenatore del Napoli concede a quei bambini una grande lezione.

Spalletti si ferma davanti alla transenna che divide il mondo di qua - quello reale del tifo - da quello di là, del calcio milionario che spesso trasforma vite di riscatto in slanci d'arroganza. Spalletti si pianta davanti ai bambini e dice: «Ci sono due modi di fare sport, due modi di esser campioni. Di pallone e di studio. Sono due sport fondamentali. Anche studiare è uno sport, anche perché se giochi insieme a me, se giochi nel Napoli devi capire cosa si deve fare, dove si deve andare. Per cui bisogna giocare bene la palla e sapere quello che si dice e quello che si ascolta».

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I bambini all'inizio non afferrano. Si aspettano un tiro al volo, un dribbling, la formazione della squadra di domenica prossima; invece si ritrovano il Mister che ti fa il pippone. Ma Spalletti continua: «Sono due sport uguali, il calcio e lo studio. Di Lorenzo fa il capitano perché ha la pagella migliore di tutti. Poi, Di Lorenzo è bravo a giocare a calcio, ma l'importante è che ha la pagella migliore». L'importante è lo studio. È l'applicazione. È la tenacia. L'importante non è il tiro più potente, la veronica più ubriacante, il punteggio più pesante. No. L'importante è avere la pagella migliore. Roba da divulgare nelle scuole. Il video - naturalmente col volto dei bimbi pixellato - diventa virale in poche ore; saltella dalle tv ai social; e arriva in tutte le chat dei padri d'Italia (me compreso) che hanno almeno un figlio arruolato nelle squadrette di periferia.

Ora il Napoli, di questi tempi, è in un luminoso stato di grazia. Capolista in Serie A, è agli ottavi di Champions League, grazie anche a nove vittorie nelle ultime nove partite di campionato, e si è qualificato per gli ottavi di Champions League con il primo posto vincendo il girone davanti al Liverpool; sfiderà negli ottavi l'Eintracht. La squadra sogna in grande e lo fa grazie a risultati altissimi e a un gruppo di talenti costante e convincente. E il merito è soprattutto dell'allenatore. Spalletti non è un pirla. Anzi. Spalletti ha vinto due Coppe Italia, una Supercoppa italiana, due campionati russi, una Coppa e una Supercoppa di Russia. A livello individuale ha conquistato una Panchina d'oro nel 2005, ed è stato nominato per due volte migliore allenatore Aic nel 2006 e 2007. L'uomo potrebbe tirarsela, fare il figo. Ma non accade.

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Spalletti decide, banalmente, di fare ciò che gli riesce meglio: l'educatore. E sfodera tutto il repertorio. L'etica che accarezza, con rispetto, la pelota; il colpo liftato che piazza il predicozzo nel sette delle nostre coscienze; il senso del sacrificio che sta nei libri, oltre che negli allenamenti. Spalletti si comporta esattamente come il «buon padre di famiglia» dei nostri codici civili e dei racconti dei nonni. Sempre Soriano, nei suoi libri zeppi di gauchos e allenatori giramondo, scriveva che ilfútbol è come la vita. Sa essere passionale e malinconico, può essere praticato in imponenti stadi così come in campi di terra battuta: l'importante è ricordare da dove vieni, dove andrai e come ci sei arrivato. E la strada è sempre la stessa: lo studio. Mio figlio grande, undici anni, ha l'età delle terza figlia - la minore- di Spalletti; e ha imparato a portare i libri di scuola nello zainetto, tra un allenamento e l'altro. Mio figlio piccolo, dopo qualche sberla metaforica tra partitelle e allenamenti, continua a cercare una posizione in campo passando affannosamente da portiere a centravanti. Imparerà.

Ma, dopo aver visto il video di Spalletti ha avvertito un soffio di poesia che non sa spiegarsi; e ha riaperto il sussidiario sulle pagine di matematica. L'altro giorno basculava sul limite dell'area col volto accigliato di chi s' aspetta il pallone in contropiede. Ma io credo che, in realtà, dentro di sé, ripassasse le tabelline... 

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