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Leo Messi, il dramma-Argentina? "Colpa della maledizione di Maradona"

Fabrizio Biasin
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C'è qualcosa di incredibilmente mistico nelle faccende argentine legate al pallone. Per settimane abbiamo raccontato la rava e la fava, abbiamo mostrato Messi che arringa i suoi prima della finale di Copa America e «guardate che leader!», abbiamo dato volentieri all'Albiceleste i galloni della favorita insieme al Brasile, ci siamo coccolati uno per uno i sudamericani, da Lautaro e Di Maria in giù. Poi, all'atto pratico, eccoli lì i pulcini bagnati, assai disinvolti e sfortunati nel primo tempo contro l'Arabia Saudita, totalmente paralizzati dalla paura nel secondo, quando gli avversari, tatticamente davvero ben messi in campo, hanno aumentato di molto la carica agonistica (diciamo pure che hanno picchiato come fabbri) e si sono trovati di fronte la "solita" armata Brancaleone argentina, quella di Messi che veste la faccia del cane bastonato e gli altri che non sanno più a che Santo votarsi.

 

 

 

Incredibile l'atteggiamento dei ragazzi di Scaloni, quasi paralizzati dal peso del Mondiale, come se ognuno di loro dovesse trasportare sulle spalle un immaginario Diego Maradona fatto di ghisa, oltre a qualche milione di argentini, quelli che attendono il trionfo globale da troppo tempo e, quindi, non "sperano" di vincere in Qatar, semmai "pretendono" di riuscirci. L'effetto è questa cosa qui, una selezione potenzialmente fortissima che al primo refolo di vento smette di credere in se stessa e soffre il confronto con il gigantesco Diego, un gruppo di ragazzi capaci di tritare risultati quando all'orizzonte non ci sono nubi e che va in totale confusione quando si ritrova i riflettori "mondiali" addosso. Ed è così che i nostri "cugini" sudamericani hanno dovuto rinunciare a un record che era decisamente alla portata (le 37 partite consecutive senza sconfitte) e che, invece, alla fine resta a Casa-Azzurri. In tempi di vacche magrissime - le nostre - ringraziamo assai il talentuoso Al Dawsari e il suo straordinario gol. All'Argentina, invece, non resta che vincere laggiù nel deserto. Facile no? 

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