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Israele in semifinale? Scatta la censura araba: ecco il tabellone ufficiale

David Zebuloni
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Delegittimazione e boicottaggio assumono spesso volti diversi: cinici, sprezzanti e, a volte, violenti. Peggio ancora quando non assumono alcun volto, lasciando un buco nero, una censura, un bollino rosso che viene a dire «vietato ai minori di». Di? Qualunque età, purché appartengano a una certa fetta di mondo. È capitato alla giovane nazionale israeliana che, dopo aver battuto il Brasile ai Mondiali Under 20 (un risultato incredibile per una squadra dal passato calcistico tanto scarso), è approdata in semifinale contro la temibile nazionale dell’Uruguay. Una fiaba in perfetto stile Disney che tanto piace agli appassionati di calcio: l’“underdog” che batte le preparate avversarie contro ogni probabilità e si arrampica ai vertici della classifica. Tutto è bene quel che (quasi) finisce bene, se solo non fosse che la giovane nazionale in questione è stata oscurata in gran parte dei Paese musulmani.

BANDIERA NERA
Proprio così: in molti siti e sulle tv, la tabella ufficiale che mostra al mondo arabo le quattro semifinaliste a confronto, accosta la bandiera italiana a quella coreana, e la bandiera dell'Uruguay a una bandiera nera. Un gesto decisamente poco sportivo, ma che non ha nulla a che fare con lo sport, bensì con l’intolleranza politica che molti di questi paesi nutrono nei confronti dello Stato Ebraico. D’altronde, non è affatto raro che le autorità islamiche censurino tutto ciò che abbia minimamente a che fare con Israele. Proprio come quando nel 2017 il Libano vietò la proiezione di “Wonder Woman” nel Paese poiché l’attrice protagonista, Gal Gadot, era israeliana e aveva fatto il servizio militare obbligatorio nell’esercito. O come quando, appena un anno fa, Kuwait e Tunisia hanno deciso di ritirare Assassinio sul Nilo dalle sale per via della partecipazione della medesima attrice alla pellicola.

 

Anche sport e politica si erano già incontrati a metà strada in passato, per esempio dopo la vincita del judoka israeliano Ori Sasson agli ottavi di finale dell'Olimpiade a Rio contro l’egiziano Islam El Shehaby. Sasson, come da prassi, si rivolse a El Shehaby per stringergli la mano dopo la vittoria, ma questo gli rivolse le spalle e rifiutò il contatto. Un episodio presto diventato virale in rete, ma anche iconico e molto discusso in Medioriente, poiché emblema del conflitto storico che non demorde anche in un ambiente poco ostile come quello sportivo. Un’ostilità che si presenta nuovamente ai Mondiali Under 20, questa volta in veste di una bandiera nera, apparentemente priva di identità, quasi come se, per i Paesi arabi coinvolti, la nazionale giovanile dell'Uruguay giocasse contro se stessa.

QATAR, TU QUOQUE
Tra i Paesi censuratori sorprendere in particolar modo il Qatar che, dopo aver organizzato l’ultimo discusso mondiale di calcio, sembrava aver superato il limiti del boicottaggio e intrapreso una nuova strada nei rapporti diplomatici con Israele. Non dimentichiamo, per esempio, il primo storico volo diretto da Tel Aviv a favore di quei tifosi israeliani interessati a partecipare al più grande torneo calcistico del mondo. Oggi, invece, il Medioriente pare aver fatto dieci passi indietro rispetto a quanto raggiunto negli ultimi anni, dimostrando tutta la sua insofferenza rispetto a chi, banalmente, è sceso in campo per giocare a pallone. Nulla di più. 

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