Cerca
Logo
Cerca
+

Calcioscommesse, Angelo Di Livio: "Malattia? No, vizio indecente"

Hoara Borselli
  • a
  • a
  • a

Le scommesse, di nuovo, fanno tremare il calcio italiano. E sembra davvero di tornare indietro nel tempo. Dagli anni ’80 fino alla squalifica nel 2011 di Cristiano Doni, ex capitano dell’Atalanta. Oggi si parla di gioco d’azzardo, allora invece si diceva “partite truccate” e “totonero”, scandalo che travolse grandi campioni come Paolo Rossi, Enrico Albertosi, Bruno Giordano. Oggi, per ora, ci sono tre giocatori coinvolti: Nicolò Fagioli, Sandro Tonali e Niccolò Zaniolo, tutti nazionali. Le loro dichiarazioni avrebbero dato impulso all’inchiesta e, a detta di Fabrizio Corona, la lista delle persone coinvolte è destinata ad allungarsi. C’è un ex campione, Angelo di Livio, il “soldatino” lo chiamavano, che si è lasciato andare a una dichiarazione che sta facendo discutere. Ha definito i giocatori coinvolti «bimbi minkia». Termine in uso fra le nuove generazioni e utilizzato anche da Beppe Grillo. Di Livio ha giocato negli anni ’90 in grandi squadre, dalla Fiorentina fino alla Juventus, al fianco di Alessandro Del Piero, Roberto Baggio e Gianluca Vialli. «Lo sportivo, il campione, nello sport, deve essere campione non solo dentro ma anche fuori dal campo. Deve essere un esempio e trasmettere valori positivi».

Libero è anche su WhatsApp! Clicca qui per iscriverti al nostro canale

Commentando questo nuovo scandalo ha usato espressioni pesanti.
«Quando ho letto di questo scandalo sono rimasto molto sorpreso, meravigliato. Ho pensato che non fosse possibile che giocatori di quel livello, che giocano in club importanti e vestono la maglia della Nazionale, possano cadere in comportamenti che nulla hanno a che fare con lo sport. Lo sport deve essere esempio di valori positivi, e questi episodi ne sono l’assoluta negazione».

Anche ai suoi tempi ci furono gli scandali-scommesse che videro coinvolti giocatori importantissimi come Beppe Signori, assolto dopo dieci anni di inferno, e Cristiano Doni, per il quale scattarono le manette e vide la fine della sua carriera. E prima ancora c’era stato lo scandalo che aveva azzoppato Paolo Rossi, il quale poi però ci regalò un titolo mondiale...
«È vero, non è la prima volta. Forse commettiamo l’errore di dimenticarci le cose. Prima era uscito il nome di Fagioli e l’ho accostato all’episodio di Pogba (squalificato per doping) e da lì il mio sfogo nei confronti di Fagioli, cui però sono seguiti Tonali e Zaniolo. Per me un professionista non può commettere questi errori. È vero che anche ai miei tempi ci sono stati questi episodi, però poi i “comandamenti” sono stati molto più chiari e scanditi».

A quali comandamenti si riferisce?
«Io li chiamo comandamenti, ovvero clausole da dover rispettare e che le società ti facevano firmare, e sono certo ci siano anche oggi. Cose scritte che dovevi accettare e sottoscrivere. Non potete scommettere, dovete comportarvi in una certa maniera, rientrare a certi orari, perché siete dei professionisti e siete pagati anche molto bene. Oggi cadere in questi errori è proprio di basso livello. Non ci sei con la testa».

Cosa può spingere un giocatore di altissimo livello, ricco, famoso, a rischiare la carriera per qualche soldo scommesso?
«A me dà fastidio quando sento parlare di malattia».

Beh, la ludopatia è una patologia riconosciuta e anche molto seria...
«In questo caso, vi prego, non parliamo di malattia, perché non è giusto dargli questo nome. È un vizio, ed è un vizio che non ti puoi permettere di avere. O fai il calciatore o fai il tifoso. Il tifoso può scommettere. Tu no. Sono errori troppo banali. È quello che mi fa arrabbiare. Sono scivolate da “bimbo minkia”».

Sa che questa sua espressione ha fatto molto discutere?
«Una persona che ha testa non cade in queste ingenuità».

Pensavano di non essere beccati?
«Sì, pensavano di farla franca. Questa è totale assenza di intelligenza, anche la più elementare. Sei un calciatore di serie A, giochi in Nazionale, molti vorrebbero essere al tuo posto, sei un privilegiato, devi sentirti addosso una responsabilità morale. Ci sono dei valori importanti nella vita che devi saper rispettare. Sarò anche cattivo, ma non riesco minimamente a giustificare certi comportamenti».

Il calcio di oggi è molto diverso da quello di ieri?
«Una differenza, se c’è, la vedo in questo. Noi calciatori un tempo ci sposavamo presto. Io ad esempio a 21 anni. Tra allenamenti, partite, avevo la famiglia, i figli... Oggi forse c’è più tempo libero per fare stupidaggini. Vedo meno senso di responsabilità, meno maturità».

Lei era chiamato “soldatino”...
«È vero (ride). Non potevo permettermi di fare degli errori perché sentivo il peso delle mie responsabilità da giocatore. Se non ti comportavi bene c’era il rischio che ti mandavano via e questo non melo potevo permettere e non volevo. Ero veramente un soldatino, fuori e dentro il campo».

Che esempio diamo con questo scandalo ai nostri giovani?
«Uno scandalo che rischia di allargarsi. Ma la vera cosa che a me ha dato fastidio è stato vedere la Guardia di Finanza entrare a Coverciano in un ritiro della Nazionale. Chi vede queste immagini, negli altri Paesi, pensa che siamo sempre i soliti italiani, corrotti o in situazioni non pulite. E invece non è così. E mi dispiace dare questa immagine brutta di noi. Vedere il capodelegazione, Gigi Buffon, accompagnare i ragazzi nella stanza per rilasciare le dichiarazioni, quello è tremendo. Un’immagine tremenda».

Fagioli ha detto che “in fondo lo fanno tutti”.
«Spero si sia sbagliato, in ogni caso un’affermazione del genere dimostra che non ci sei con la testa. Lo fanno tutti quelli che possono farlo. Non tu, non un professionista». 

Dai blog