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Tennis, l'impresa di Ashlee Narker: sorda, ora sfida le big del circuito

Gabriele Galluccio
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Né un limite né un alibi. Ashlee Narker a 18 anni ha già le idee chiare sulla sua disabilità e su cosa vuole fare nella vita. Completamente sorda dalla nascita, l’australiana si è messa in testa che nulla e nessuno definirà la sua carriera nel tennis. Inizialmente la consapevolezza di essere diversa le creava problemi di fiducia, che ha superato non vedendo più l’handicap come tale. Cresciuta in un sobborgo di Sidney, Ashlee si è innamorata del tennis fin da bambina, e non solo perché i suoi fratelli non avevano alcuna possibilità contro di lei: è il brivido della sfida individuale, il dover far affidamento solo su te stesso e sulla tua convinzione di poter battere l’avversario. L’euforia della vittoria è molto più accentuata di quanto lo sarebbe in uno sport di squadra. Eccome se l’ha provata, Ashlee, quando a 14 anni ha vinto il titolo under 14 al Rafael Nadal Tour Invitational, che le è valso un invito per due settimane presso l’accademia del campione maiorchino in Spagna.

È in questa fase che la ragazza si è resa conto di poter giocare a un certo livello, ma abbastanza alto per entrare in una squadra universitaria? All’inizio del 2023 sembrava di no, dato che aveva inviato una lettera alle 30 squadre principali dell’Intercollegiate Tennis Association. Non avendo ricevuto alcuna risposta, Ashlee aveva iniziato a partecipare a numerosi tornei locali, sfondando in quello da 15mila dollari a Caloundra, in Australia. Si era presentata con una wild card, nella speranza di vincere uno o due turni, ed era arrivata in semifinale. A quel punto i college che l’avevano ignorata si sono messi in contatto con lei: alla fine ha scelto l’Università dell’Iowa, una delle migliori per quanto riguarda il tennis. Da qui partirà a gennaio il sogno di Ashlee, che ha da poco compiuto 18 anni: è riuscita a diventare la prima sorda capace di entrare nella classifica Wta (1.083), i prossimi obiettivi sono vincere un torneo professionistico e salire nella top 500. Dopo la laurea il piano è trascorrere un anno all’estero in Europa per giocare quanti più tornei possibili e ambire alla top 100.

Se non dovesse farcela, non avrebbe alcun rimpianto e le rimarrebbe comunque una laurea in scienze dello sport. Quando le chiedono quanto sia difficile per una sorda giocare a tennis lei ormai tende a minimizzare: «L’unico problema è che l’arbitro deve farmi dei segni per sapere il punteggio». In realtà c’è ben altro: lo svantaggio è non poter sentire la palla staccarsi dalla racchetta. Ogni colpo produce un suono leggermente diverso, a seconda della rotazione e della velocità. Tra l’altro non può aiutarsi neanche con gli apparecchi acustici, che nella vita di tutti i giorni le garantiscono un udito pari al 50%. In campo non esiste alcun modo per sentire la palla, ma Nasher non intende rinunciare al sogno per questo motivo: «Il mio gioco si basa sul senso cinestetico e sulle abilità visive. Ciò ha migliorato i miei tempi di reazione e di anticipo. Vado là fuori e faccio quello che voglio, per me il suono non è una barriera». Sembra banale, ma con questo atteggiamento Ashlee ha già vinto nella vita.

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