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Jannik Sinner, Flavia Pennetta: "Una mossa coraggiosa dietro alla sua svolta"

Leonardo Iannacci
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Ha pianto, le sono scese lacrime di felicità sul bel volto di ex campionessa, di moglie, di mamma orgogliosa di tre piccoli... grandi slam: Federico, Farah e Flaminia, i figli che la stanno tenendo impegnata più di quando, in campo, affrontava Serena Williams. Flavia Pennetta ha seguito la finale di Melbourne nella quale Sinner l’ha imitata, vincendo un torneo del Grande Slam proprio come era capitato a lei nel 2015. In quell’anno magico la signora Fognini vinse gli Us Open battendo in finale l’amica Roberta Vinci, dando a quell’edizione del torneo newyorchese un sapore speciale: due italiane a duellare per la coppa, mai successo prima e neppure in campo maschile.

Flavia, si è svegliata di buon’ora per la finale, era emozionata?
«Con tre bambini piccoli da accudire, anche se Fabio è anche un ottimo papà, il tempo è limitato. Ma non potevo perdermi quella che pregavo fosse un’impresa».

E così è stato...
«Assolutamente sì. Un toboga di emozioni incredibile. Dopo il primo set perso da Jannik mi sono impaurita e dopo il secondo è arrivato il terrore della sconfitta. Però nel tennis la partita non è mai decisa sino all’ultima palla».

Aveva recondite speranze?
«In cuor mio sentivo che quel ragazzo poteva farcela, ha doti speciali».

Dove ha vinto, sul piano tecnico?
«Innanzitutto ha ritrovato fiducia già alla fine del secondo set grazie al servizio».

Il colpo che ha fatto svoltare l’esito della finale?
«Sì, prima non entravano buone prime palle. Quando ha cominciato a metterle a segno, Sinner è cresciuto di condizione, ha preso fiducia».

E Medvedev ha perso il contatto con il match?
«Esattamente. Nella prima ora di gioco il russo ha approfittato degli errori al servizio di Jannik, poi si è sciolto».

Voto al servizio attuale di Sinner?
«Un bell’8. È sicuramente il colpo che ha migliorato di più negli ultimi sei mesi. Ha cambiato la posizione dei piedi, ora più vicini e la forza che mette nella prima palla è scaricata sul colpo al 100%, non si disperde».

Diritto e rovescio?
«Sono da top-player assoluto. Meritano un bel 10. Non vedo altri giocatori che impattano così la palla, nè in modo piatto nè quando sceglie il back con il quale prepara la variazione delle diagonali».

A rete deve ancora migliorare?
«Beh, sì. Lì ora è solo da 8 in pagella ma lo scorso anno era da 7, segno che i miglioramenti tecnici di questo ragazzo sono assoluti. Merito dello staff tecnico, Vagnozzi e Cahill sanno bene dove migliorarlo e Jannik è il primo a ripetersi ogni mattina quando si sveglia: oggi cosa devo perfezionare?».

Nella sua forza di volontà sta il segreto emotivo di questo trionfo?
«Certo. Dopo aver raggiunto le Finals e dopo aver deciso la Coppa Davis, ha vinto in Australia dimostrando che oggi è ancora più completo di sei mesi fa. E tutto grazie all’enorme carica mentale».

Altri colpi da perfezionare?
«Sta migliorando anche nel drop, oggi l’ha tentato spesso e ha avuto risultati buoni, Non ottimi, ma buoni. Voto alle sue smorzate? 8».

A che punto della partita ha avuto la sicurezza che Sinner avrebbe vinto?
«Dopo il terzo set. Non ne ero certa, Medvedev è un giocatore temibile e la sua diagonale di rovescio è difficile da limitare. Ma quando ho visto Jannik finalmente sereno in volto dopo un inizio contratto e la sua prima palla ha cominciato a entrare, beh, mi sono distesa anch’io». 

Fabio (Fognini ndr) come ha vissuto la finale?
«Come la sottoscritta. Però dopo il 6-4 con cui Sinner ha vinto il terzo set, ha detto: se continua così, è fatta». 

E alla fine le è scappata una lacrimuccia?
«Ma sì, sono un tipo emotivo e questo trionfo di Jannik mi ha ricordato quel giorno a New York di 9 anni quando ho vinto a Flushing Meadows. Portare l’Italia a vincere nel mondo e a certi livelli, è un’esperienza coinvolgente. Ho pianto, alla fine. È vero. Sono momenti splendidi». 

Torniamo a Sinner: quali altri Slam sono nelle sue possibilità? 
«Gli Us Open sono simili a quelli australiani, la superficie è veloce e servono i colpi che Sinner ha già perfezionato». 

Wimbledon?
«Sull’erba Jannik è già arrivato in semifinale, tuttavia quello londinese è un Slam difficile e denso di trappole. Nei turni iniziali puoi imbatterti in giocatori meno bravi ma che possono farti fuori se in giornata».

E il Roland Garros sulla terra?
«È lo Slam nel quale Sinner potrebbe trovare più ostacoli perché deve dimostrare miglioramenti sulla terra rossa. Ma vedendo i passi in avanti che ha fatto ovunque, non mi meraviglierei facesse bene anche a Parigi». 

Cosa le piace di più in Jannik? 
«La determinazione e il coraggio. Lì merita 10 e lode. A un certo punto della sua carriera le cose andavano bene, ma ha voluto cambiare lo stesso lo staff per migliorare il suo tennis. Poi è un bravissimo ragazzo. Non dimentichiamo che noi sportivi siamo prima di tutto delle persone».

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