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Jannik Sinner, il primo allenatore: "Maestro, ho preso una decisione... rimasi sconvolto"

 Heribert Mayr

Lorenzo Pastuglia
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È stato il secondo allenatore di Jannik Sinner, a Brunico. Lo ha cresciuto prima che l’oggi 22enne passasse a Bordighera, in Liguria, per allenarsi nel centro sportivo dell’ex coach Riccardo Piatti. Heribert Mayr ha potuto riabbracciare il tennista martedì, quando è tornato a Bolzano per la festa che lo ha reso cittadino onorario. 

"Sono stato invitato, un’emozione - la sua intervista a Fanpage - L’ultima volta l’ho visto a Parigi, al Roland Garros di due anni fa. Poi sono cambiate tante cose". Il primo incontro tra i due è avvenuto "a 7-8 anni, nel quale si è subito visto che Sinner aveva qualcosa in più degli altri - dice ancora Mayr - L’ho allenato fino ai 13 anni, fin quando non è andato via da qua".

 

 

Il momento della svolta è stato quando "lui era il campione italiano di sci - racconta il secondo allenatore di Jannik - Eravamo in primavera, viene da me e mi dice: ‘Maestro, ho preso una decisione’. Ci resto male, mi chiedo che decisione abbia preso. E lui: ‘Smetto con lo sci’. Sono rimasto scioccato all’inizio, la sua vita era tutta basata sullo sci. Ed è andata bene". Jannik in fondo era bravo: "Ha vinto tutti i tornei, oppure arrivava secondo quando gareggiava con quelli più vecchi, arrivava sempre in semifinale, o in finale - il suo pensiero - Ai campionati italiani Under 12, anche lì, allenandosi due volte a settimana è arrivato in semifinale. Stessa cosa ai campionati Under 13 di Avezzano: anche lì semifinale".

 

 

Con Sinner, Mayr ha lavorato "sul timing sulla palla - racconta - Ho cercato di fare qualche correzione e lui l’ha subito messa in pratica, non serviva spiegargli chissà cosa. Si è messo lì a provare e gli è riuscito". Le qualità che già aveva "era la capacità di leggere il gioco dell’avversario - spiega l’allenatore - Aveva la visione del gioco e del campo. Non dovevi spiegargli cosa fare, gli veniva naturale". Da piccolo “non stava mai fermo - lo dipinge ancora - doveva sempre far qualcosa. Arrampicata, giocava calcio o a tennis, oppure andava a sciare. Mai fermo". Quando andò via di casa nel 2013, per andare da Piatti a Bordighera, Jannik "aveva un po’ di nostalgia - conclude Mayr - Quando era fuori un paio di giorni andava bene, quando si stava fuori un po’ di più, tre-quattro giorni, si vedeva che stava male. Non parlava tanto, era un po’ triste. Ai campionati Under 12 venne giù la mamma e si tranquillizzò".

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