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Arrigo Sacchi, pugnalata a Roberto Baggio: "La differenza tra lui e Grosso"

Fabrizio Biasin
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È uscito questo articolo sulla Gazzetta dello Sport che ha fatto e sta facendo abbastanza discutere. Lo ha firmato Arrigo Sacchi, ex ct, nel 30° anniversario della finale Mundial di Pasadena (Usa ’94), quella della fetente sconfitta ai rigori col Brasile. Dice così, Arrighe: «...Alla finale con il Brasile ci arrivammo in condizioni difficili. Fisicamente eravamo cotti, i giocatori non avevano più muscoli nelle gambe». E anche: «Visti i recenti risultati della nazionale azzurra, dico con forza che il nostro 2° posto al Mondiale del 1994 dovrebbe renderci ancora più orgogliosi di quella squadra». Fino a: «La differenza tra la mia Italia del 1994 e l’Italia di Lippi del 2006 che ha vinto il titolo è in un rigore: Roberto Baggio lo sbaglia, Fabio Grosso lo segna».

E il tifoso italiano, francamente, trasecola. Cioè, passi per il giovanotto che nulla ha visto, ma noialtri “stagionati” ben ci ricordiamo come andarono le cose: l’Italia del presunto bel giuoco non giuoca bene affatto e si qualifica per miracolo alla fase a eliminazione diretta; quindi sfida la Nigeria agli ottavi e la abbatte con un colpo di cul (di Sacchi) sotto forma di pedata felpata griffata Roby Baggio al minuto 89’. Ai supplementari - minuto 102’ raddoppia sempre il Divin dal dischetto. Ai quarti facciamo fuori la Spagna con un gol a due minuti dalla fine del solito Roberto, in semifinale sbattiamo fuori la Bulgaria con altra doppietta... indovinate di chi? Esatto, lui.

 

 

Morale, il trattato dell’Arrighe, allenatore leggendario, non rende giustizia alla sua grandezza e questo per almeno tre motivi. Il primo: se anche Roberto da Caldogno avesse fatto secco Taffarel, avremmo dovuto sperare nell’errore di Bebeto, ultimo rigorista carioca. La seconda: se l’Italia è arrivata a giocarsi la finale nell’inferno di Pasadena (50 gradi percepiti, praticamente un forno) è merito quasi esclusivo di quel giocatore lì, Baggio R., il più amato dagli italiani, nonché italiano più conosciuto al mondo.La terza: scegliere di trovare un capro espiatorio “a 30 annida...” significa non voler bene a se stessi.

Cioè, il fatto che i due non si amassero è cosa nota (molti allenatori, Mazzone a parte, hanno faticato ad accettare che Baggio fosse meglio delle loro rispettive lavagnette), ma un conto è avere uno scazzo professionale, altra cosa è scaricare addosso al (non più) ragazzo una cascata di veleno ingiustificato. E qualcuno dirà: «Magari non ha proprio detto così e chi ha riportato le sue parole ne ha modificato il senso per ottenere proprio siffatto “effetto scenico”». È vero, capita, ma se così fosse è giusto che Sacchi precisi, aggiusti, sistemi il falso storico secondo cui nel 1994 la prendemmo in saccoccia per colpa esclusiva di un fenomeno del calcio. Ecco, il fatto che Baggio non abbia nemmeno risposto, se vogliamo, certifica la sua grandezza.

 

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