Parigi 2024, la cerimonia più brutta di sempre: è la fine dell'Occidente
Intendiamoci, il sesso non c’entra nulla. Fin dall’antichità gli atleti incarnavano l’ideale di bellezza, virtù, valore, temperanza, forza. Giovinotti greci e latini così splendidi da piacere a donne e uomini, quelle si che erano società aperte, dove la sessualità era libera senza neppure il bisogno di sottolineare il bisogno di tolleranza. Lo sport, in particolare i giochi olimpici, funziona da specchio culturale di una civiltà; nell’area mediterranea la perfezione del corpo dell’atleta si è tradotta in migliaia di opere d’arte ospitate nelle collezioni dei musei del mondo e basta visitare il Louvre per capire l’attrazione fatale tra cura del corpo attraverso lo sport e la bellezza dell’arte, la scultura soprattutto e più avanti pittura (anche santi e martiri possono essere meravigliosi).
Persino le società in decadenza o in forte crisi di identità cercano rifugio dalla realtà nell’estetica, talora addirittura nell’estetizzazione. Ciò che è accaduto a Parigi, nella cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici, non ha uguali nella storia e potrebbe costituire un drammatico punto di non ritorno per la civiltà occidentale. Fa specie il teatro dell’ultimo atto sia stata la Francia, e a nulla valgono gli spettacoli pirotecnici che hanno illuminato la città facendo pensare per un attimo alla leggendaria grandeur. Ciò che rimane nella memoria sa di resa, l’interruzione di una storia millenaria.
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Thomas Jolly, regista e ideatore dello show benedetto dal ringalluzzito presidente Macron, si è difeso dalle aspre critiche di cattivo (anzi pessimo) gusto, di ricerca dell’effetto scioccante, di aver varcato il limite della blasfemia: «Non volevo essere sovversivo... semplicemente, in Francia, abbiamo il diritto di amarci come vogliamo e con chi vogliamo.. abbiamo messo in scena semplicemente le idee repubblicane di benevolenza e di inclusione». Avrebbero dovuto chiamarlo per il gay pride o per la prossima manifestazione LGBTQ+ accanto a Elly Schlein, poteva dirigere una pièce teatrale e persino curare una mostra d’arte contemporanea. Inadeguato per uno spettacolo del genere perché lo sport è di tutti, la bellezza e l’equilibrio formale stanno alla base della sua rappresentazione, e nel ‘900 vale anche e soprattutto per gli atleti di pelle nera, la cui bellezza talora supera persino la potenza. Una bellezza che scatena il desiderio di emulazione per tanti giovanissimi sportivi, e per raggiungere i risultati ci vuole cura, allenamento, abnegazione, tenacia. Una drag queen di 150 chili va benissimo per altri usi, non per le Olimpiadi.
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L’estetica da Mucca Assassina -quella inventata dal signor Vladimir Luxuria divertentissimo negli anni ’90, di pessimo gusto spiaggiato in bikini nel 2024 - ha ispirato le scelte per l’inaugurazione, e poiché le cose non accadono mai per caso c’è da interrogarsi sui motivi sottesi. Anni fa il preveggente Michel Houellebecq intitolò “Sottomissione” quel romanzo che preconizzava la fine della grande cultura francese, così profondi sarebbero stati i cambiamenti. Il cattolicesimo avrebbe perso la centralità- L’ultima cena non è più un simbolo ma un’immagine da meme che si può sbeffeggiare, irridere, insultare con rappresentazioni bifolche che neppure nel peggiore cabaret- e per includere culture altre, meccanismo del consenso, si deve necessariamente abbassare il livello. Che infatti in Francia non è più quello della grande letteratura, del cinema Nouvelle Vague, dei capolavori pittorici del primo ‘900. Ci propinano storie violente di banlieue, transex e cocottes, la volgarità messa a regime, toni di voce sgradevole, immagini di devastante bruttezza, il tutto per attirare gente che alla bellezza non è abituata, anzi la osteggia e la combatte con ogni forma di violenza. Subcultura invece di cultura.
Cosa resta di quei francesi, orgogliosamente omosessuali come Yves Saint Laurent, che hanno inventato lo stile parigino nella moda e nella società esportandolo in tutto il mondo? Che rimane della bellezza di uomini e donne, di classe, sobrietà, di quel Paese insopportabilmente snob però modello inarrivabile persino per noi italiani? Parigi olimpica 2024 suona come l’ultimo atto di quella che fu l’età dell’oro.
Per la fretta di includere minoranze e strizzare l’occhio a chi non si riconosce nel cosiddetto sistema binario, la Francia ha virato verso un Moulin Rouge transex popolato di orrori assortiti. In una chat trasversale unita dalla passione sportiva, cui partecipo, Evelina Christillin, che di Olimpiadi se ne intende, ha espresso il suo disappunto nel vedere lo sport relegato in secondo piano, atleti in barche piccionaia, portabandiera inutili, nessun pathos olimpico. Parere inevitabile. Tra trans barbuti e con le tette, sororité al posto di fraternité, Parigi ha vinto il premio per la più brutta e ipocrita cerimonia di ogni tempo, con un’unica consolazione: nei prossimi anni, di questo passo, si potrà fare di peggio.