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Federico Gatti nel sacco di Thiago Motta e Spalletti: cosa sta succedendo

Claudio Savelli
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Non dire Gatti se non ce l’hai... Può dirlo, invece, Luciano Spalletti, perché un Gatti ce l’ha e non è più il difensore vecchio stampo, tutto grinta e calci, di cui si parlava mesi fa. Quella parte di Federico sembra aver lasciato posto a un senso di responsabilità e a una certa qualità con il pallone tra i piedi. Dal punto di vista emotivo, è come se si fosse accorto di avere già 26 anni e di non essere più un giovane in rampa di lancio, o di non esserlo mai stato. Si è preso le responsabilità ancor prima che Thiago Motta gliele ufficializzasse con la fascia di capitano. In queste prime giornate, il leader della Juventus è stato lui, su precisa scelta del nuovo allenatore che ha visto impegno profondo negli allenamenti e una svolta a livello mentale. In teoria, per quantità di presenze, il vice di Danilo sarebbe dovuto essere Locatelli, ma Thiago Motta ragiona fuori dagli schemi e ha deciso che il presente conta più del passato. E il presente della Juventus è Federico Gatti.

Molto probabile diventi il presente anche dell’Italia, chiamata all’inizio di un nuovo ciclo nel segno della difesa a tre che, in quanto tale, coinvolge un grande numero di difensori centrali. Gatti era andato all’Europeo come riserva d’emergenza per sopperire agli infortuni di Scalvini prima e Acerbi poi, prendendo la convocazione quasi come un dono visto che soltanto 4 anni fa giocava in serie D. Ora è diverso. Ora va in Nazionale da candidato titolare destro nella difesa a tre, anche perché le convocazioni di Spalletti hanno sgomberato il campo da possibili dubbi: Gianluca Mancini non è stato convocato, e mai è entrato nelle grazie dei ct (Luciano ora come l’omonimo Roberto in precedenza), e quando chiami un esordiente come Okoli, appena passato al Leicester dall’Atalanta, dopo un anno in prestito al Frosinone, vuol dire che ti fidi del titolare.

 

 

Di Gatti, quindi, se non di Di Lorenzo che però è reduce da un Europeo da mani nei capelli e forse è meglio tenerlo al riparo dalle critiche salvate in bozza dallo scorso giugno. Gatti può essere titolare nell’Italia contro la Francia venerdì, contro Israele lunedì, nelle prime due partite della Nations League che conta per tamponare un eventuale fallimento ai gironi di qualificazione dei Mondiali, e anche in futuro. Può essere titolare perché lo è nella Juventus che ora prova a giocare al calcio, più che a distruggere quello altrui. Ed ecco la seconda svolta di Federico: tecnico-tattica. Si è adattato al cambiamento in modo sorprendente, o forse no perché le qualità palla al piede le aveva già parzialmente mostrate, seppur non valorizzate dal contesto allegriano.

Il passaggio dalla difesa brutta e cattiva di prima a quella elegante di Thiago Motta in teoria avrebbe messo in difficoltà Gatti, etichettato come difensore vecchia scuola per via di qualche fallo sporco di troppo, vizio che sembra aver limato non appena si è reso conto di avere una certa età e certe responsabilità, sia a livello comportamentale sia a livello tattico. Non può più limitarsi alla fase difensiva, dove comunque eccelleva (i duelli e i contrasti non sono diminuiti anche se con Thiago non gioca più in trincea), ma deve farsi carico della costruzione delle azioni.

Nelle prime tre di campionato, Gatti ha provato 69 passaggi di media ogni 90’ contro i 47 dell’anno precedente, e la percentuale di successo è passata da 85% a 96%. Più intraprendente, più concentrato sul giocare pulito piuttosto che sul gioco sporco, più utile alla causa bianconera (tant’è che sarebbe pronto il prolungamento del contratto dal 2028 al 2029 nonostante il rinnovo sia arrivato lo scorso anno) e anche a quella azzurra.

 

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