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Pure i pokeristi sarebbero dopati

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Alcool, droghe e psicofarmaci scorciatoie per migliorare le prestazioni

Roberto Amaglio
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Ciclisti, atleti, culturisti, tennisti e, ammettiamolo, pure qualche calciatore. Che dove ci sia lo sport (e pure i soldi) ci sia anche il doping è risaputo. Tuttavia i risultati di uno studio sponsorizzato dalla Nova Southeastern University in Florida sono alquanto curiosi. Pare infatti che pure i giocatori di poker facciano ricorso ad “aiuti” chimici per migliorare le loro prestazioni. Niente steroidi, Epo o emotrasfusioni, sia chiaro, bensì un abile e studiato mix di anfetamine, droghe leggere, alcool, energy drink e altri farmaci reperibili sul mercato nero. Insomma un cocktail mostruoso che sarebbe finalizzato ad alternare la tranquillità che serve per giocarsi al meglio le proprie carte all'intraprendenza e decisionismo che richiede il momento della puntata, con ogni giocatore che decide di volta in volta se essere sovraeccitato oppure più “rilassato”. Nel dettaglio, in cima alle sostanze utilizzate c'è l'innocua (purché non se ne abusi) caffeina, a cui fa ricorso il 71% dei giocatori, poi gli energy drinks (51%). Seguono stupefacenti e alcool: il 34% fumano marijuana, mentre il 30% si fa un buon cicchetto, spesso abbinandolo a integratori alimentari come la vitamina b-12 e il guaranà. Non mancano nemmeno gli psicofarmaci (28%). Tuttavia il dato sorprendente è un altro. Dimostrando che il doping è legato a doppio filo con il mercato nero dei farmaci, il 26% degli intervistati ha dichiarato di ricevere o comprare tali sostanze direttamente da altri giocatori.

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