Due scudetti in tre anni. Un fatto. Anzi, due. E una frase che smentisce la tesi di Antonio Conte secondo cui questo tricolore è un miracolo sportivo. Non lo è perché il Napoli era sì riduce da un decimo posto ma quella era l’eccezione di un ventennio ad alto livello, non la regola di una società da metà classifica. E gran parte della rosa che ora festeggia, reclamando a gran voce il pullman scoperto per la città, lo aveva già fatto due anni fa con Luciano Spalletti senza che il pullman fosse concesso.
È una premessa doverosa per pesare gli aggettivi da assegnare a questo scudetto: inatteso, sorprendente, diverso, ma non miracoloso. E nemmeno entusiasmante, almeno stando a quanto il Napoli ha mostrato in campo. Se il tricolore di Spalletti era un’esaltazione del calcio contemporaneo, fluido, europeo, questo è un’ode alle virtù del vecchio giuoco. Resistenza e costanza, mentalità e forza, organizzazione e credibilità, tutte qualità raggiunte attraverso il lavoro intenso e serio, che poi è la chiave passepartout nelle mani di Antonio Conte che trova una porta chiusa e pian piano la apre, fino a spalancarla davanti al trofeo. È una controrivoluzione rispetto alle ultime vittorie e alla direzione del calcio ma che si addice perfettamente a questa città. C’è sempre qualcosa di rivoluzionario nei successi del Napoli. Non solo perché portano il tricolore in una terra che ha dovuto spesso rivendicare attenzione, rispetto e centralità. Ma perché ogni volta, come nel 1987, nel 1990 e nel 2023, è il calcio a cambiare. È lo status quo a essere scosso. È un’idea - non solo una squadra - a trionfare. Il quarto scudetto nella storia di questa società non fa eccezione. Anzi, in un’annata in cui tutte le grandi del nord e della capitale hanno fallito, eccezion fatta per l’Inter, è il Napoli a imporsi. Di nuovo. Ma con un volto completamente diverso rispetto a quello emozionale, travolgente e anarchico dell’anno di Spalletti. Quello era un Napoli più napoletano di questo. E il diverso da sé, Napoli, lo ha sempre respinto. Non stavolta. Questo è un Napoli severo, concreto, feroce. Un Napoli mai visto.
ETICHETTE
Conte probabilmente non si toglierà l’etichetta dell’uomo dei cicli brevi. Di sicuro voleva riprendersi quella dei titoli immediati. Per farsi pubblicità? Forse. Ma Napoli questo lo ha accettato. Si è fatta trascinare da un uomo che era distante da lei. Ha capito di poterci guadagnare a sua volta... uno scudetto, e lo status di grande club, di nuovo. Conte ha restituito identità, metodo, muscoli e ambizione a un gruppo che si era perduto tra scelte sbagliate e tentativi confusi, e lo ha fatto con il suo solito stile, senza sconti. Il gruppo ridotto all’osso, senza nemmeno più Kvaratskhelia da gennaio, ma con una promessa di cessione già strappata in estate, è stato ciò di cui il tecnico si è più lamentato, ma paradossalmente è stato anche il motivo per cui ha vinto questo titolo.
I pochi ma buoni, l’elogio continuo delle gesta di questi giocatori che sono andati oltre l’umanamente possibile è stata una novità per Conte, solitamente molto più critico e insoddisfatto. In una città perennemente arrabbiata con De Laurentiis nonostante i continui successi (due scudetti, ma anche tanti anni al top tranne uno, uno solo), l’elogio della sofferenza causata da chi è stato venduto senza permesso si è rivelato una buona strategia. Tanto furba quanto efficace. Va però riconosciuto a De Laurentiis un merito, se non due: l’aver scelto un allenatore a presa rapida per tornare subito su e l’aver lasciato che parlassero il campo e Conte, rinunciando a spiegare faccende del primo o a rispondere al secondo.
La differenza alla fine l’ha fatta la capacità di gestire la pressione, soprattutto nel finale, nonostante i risultati zoppicanti, a conferma che i giocatori del Napoli erano molto più abituati a vincere di quanto non raccontasse Conte. Il Napoli ha pareggiato due partite prima dell’ultima eppure non ha perso il controllo. E forse per questo è stata premiata dal destino, ovvero da quel rigore segnato da Pedro della Lazio all’Inter.
Quel gol ha portato il Napoli ad affrontare la gara decisiva contro il Cagliari con la massima lucidità e a chiudere finalmente i conti nel modo migliore, soprattutto se sei il Napoli: in casa, con il proprio popolo.