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Nazionale, fratelli di paglia: niente alibi per gli azzurri

Altro che criteri di qualificazione, l'Italia rischia l'ennesimo flop solo per debolezze e limiti propri. I playoff (giovedì sorteggio) devono portarci al Mondiale, in caso contrario non si salverà nessuno
di Claudio Savelli martedì 18 novembre 2025

3' di lettura

Se l’obiettivo era chiudere il girone meglio di come si era aperto, possiamo dire di aver fallito miseramente. Un 1-4 in casa è persino più pesante, più umiliante, del 3-0 rimediato a Oslo cinque mesi fa. C’è solo un lato positivo: forse, così, non mentiremo più a noi stessi. Non paventeremo più improbabili 9-0 da rifilare alla Norvegia, come se fossero una possibilità di questo mondo. L’Italia, in questo momento, è una nazionale di secondo piano e una federazione che non riesce ad ammetterlo. L’Italia è una squadra che soffre tutto ciò che il calcio contemporaneo sta offrendo: la fisicità, l’intensità, i duelli individuali. Siamo anacronistici. Dovremmo accettarlo e iniziare a raccontarci una storia diversa, quella di un’Italia che appartiene al secondo livello del calcio mondiale, invece ci nascondiamo dietro al dito puntato contro il sistema di qualificazioni. Di sicuro è da riformare, ma intanto dovremmo benedire l’esistenza dei playoff che ci offrono una seconda possibilità.

Dovessimo fallire anche quella, nessuno sarebbe immune da colpe perché tutti partecipano a questo continuo rimando della rifondazione. Rifondazione della squadra Nazionale, non del nostro calcio, sarebbe troppo ambizioso e davvero poco italiano.

Rifondazione che dovrebbe partire da un assunto: l’unica qualità che abbiamo diversa dagli altri è la cultura tattica, allora dovremmo sfruttarla creando una prima squadra nazionale con uno stile di gioco così forte, così identitario, da renderla unica nel suo genere. Ci riuscì Mancini prima dell’Europeo 2021, costruendo un calcio che non aveva molto di nuovo nel panorama internazionale ma era nuovo per la nostra storia, e riuscì ad appassionare i giocatori, ancor prima degli italiani. Dovremmo riproporre la formula dopo il Mondiale, a prescindere dalla nostra partecipazione. Per farlo, servirebbe una federazione illuminata che rifletta sull’unico prodotto italiano d’esportazione dell’ultimo decennio: il gioco “gasperiniano” uomo su uomo. È l’unica cosa che potrebbe renderci credibili, oltre che più forti di ciò che siamo.

SCELTE ORDINARIE

A Gattuso si possono intanto criticare scelte ordinarie di queste tre pause. Una su tutte: la scelta di cambiare modulo, soprattutto perché invia un messaggio controproducente. Passare dal 4-4-2 contro le piccole al 3-5-2 contro le grandi è una confessione di debolezza, dice ai giocatori che con gli uni possiamo vincere mentre con gli altri dobbiamo pensare a non perdere. Ciò detto, l’eventuale fallimento della missione-lampo porterebbe inevitabilmente anche al crollo del nuovo modello decisionale, quello della delega presidenziale al direttore sportivo Buffon, che invece avrebbe delle potenzialità.

Per occupare i quattro mesi che ci separano dai playoff non siamo partiti con il piede giusto. Si è sentito parlare solo di ipotetici stage a febbraio che affaticherebbero la mente di giocatori già appesantiti da questo complesso di inferiorità. Meglio pensare al destino che sembra offrire una sceneggiatura su cui Gattuso potrebbe recitare la sua parte.

Giovedì c’è il sorteggio e in semifinale pescheremo una tra Galles o Macedonia (si giocano il piazzamento stasera), Svezia, Romania, Irlanda del Nord. Ci sono le tre nazionali che ci hanno privato dei Mondiali. È incredibile, sembra un appuntamento con la redenzione. Poi magari esce la Romania e tanti saluti, ma proviamo a cavalcare l’onda del destino. Magari stavolta ce lo ritroviamo dalla nostra parte.

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