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Paradosso Inter: deve diventare più brutta

I nerazzurri dominano (quasi) tutti gli avversari però faticano a percepire il pericolo. Un difetto strutturale che Chivu deve curare sul campo ma soprattutto nella testa
di Claudio Savelli venerdì 28 novembre 2025

3' di lettura

Due sconfitte consecutive, di nuovo. Come a inizio stagione contro Udinese e Juventus, l’Inter è caduta in sequenza contro Milan e Atletico Madrid. Tutti ko di misura, tutti maturati in partite che i nerazzurri avrebbero potuto non solo pareggiare, ma vincere. Togliamo l’Udinese e mettiamoci il Napoli e avremo quattro ko contro le cinque “big” affrontate finora con la Roma come unica eccezione.
Quando il livello dell’avversario si alza, i nerazzurri ci passano sotto in termini di risultati, mentre come prestazioni l’asticella è sempre alta (Udinese, anche qui, unica vera eccezione). E allora l’Inter ha due domande da porsi: perché perde proprio contro le parigrado? E perché le partite in equilibrio finisce quasi sempre per perderle? Al Metropolitano, così come in 7 degli ultimi 11 scontri diretti contro Napoli, Milan e Juventus in campionato, l’Inter ha prodotto più occasioni dell’avversario. Il computo degli Expected Goals (gol attesi) contro l’Atletico era a favore (1.3 a 1), eppure il risultato ha premiato gli spagnoli. È questo il dato chiave perché soltanto in un’occasione l’Inter ha prodotto meno dell’avversaria ed è, guarda un po’, contro la Roma: 0.6 xG contro 1.3, meno della metà, eppure partita vinta 1-0. L’unico scontro diretto portato a casa è anche quello in cui l’Inter è stata meno... Inter.

ILLUSIONE NERAZZURRA
Spesso i nerazzurri si illudono della superiorità tecnica che producono, in particolare negli scontri diretti perché la rivale è blasonata. Così vengono meno l’attenzione, il fallo tattico, le ammonizioni strategiche, le cose da vecchio calcio che Chivu spesso nomina dopo le gare. Certo, c’è anche una ragione tattico-strutturale. «Per natura dobbiamo attaccare con molti uomini e questo ci predispone a subire ripartenze», ha spiegato il mister. E le ripartenze migliori sono quelle mosse da giocatori di qualità alta. Quelli delle big. È vero: non avendo in rosa sprinter e solisti, l’Inter deve creare inerzia e ritmo tenendo molto il pallone. E, mentre tiene il pallone, attrae gli uomini che dovrebbero occuparsi delle coperture nella manovra, quindi presta il fianco. Per ovviare al problema, il tecnico sta implementando un pressing ultra-offensivo, ma quando le avversarie (le parigrado) hanno qualità per saltare la prima pressione, il campo si apre. Ed è punto e a capo. E allora «la svolta è attaccare lo spazio nel breve», ha spiegato Chivu, ovvero diminuendo il tempo medio delle azioni, quindi la possibilità che gli uomini in copertura si facciano attrarre dalla manovra.

SENSO DEL PERICOLO
Perché le disattenzioni sono concentrate nei finali di gara? Non per stanchezza ma perché quello è il momento in cui l’Inter raggiunge l’apice della sensazione di controllo, quindi smarrisce il senso del pericolo. Vedendo sé stessa produrre tutte quelle occasioni, si convince di meritare la vittoria a tal punto da non proteggere più il pareggio. Il dato è significativo: zero “X” in 17 partite stagionali. L’Inter o vince o perde, e spesso i pareggi diventano sconfitte nei finali: quello del Metropolitano è il 27esimo gol subito nell’ultimo quarto d’ora negli ultimi 15 mesi, e sono 5 i gol presi dopo il 75’ in questa stagione. E non c’entra il sistema di marcatura, anche perché a uomo l’Inter farebbe comunque fatica, avendo sempre quattro o cinque elementi in campo non particolarmente alti. La buona notizia per Chivu è che domenica c’è il Pisa, seguito dal Venezia in Coppa Italia: partite a loro modo complicate, ma non big match. La cattiva è che il calendario prevede poi il Como (una big a tutti gli effetti) e il Liverpool, big a sua volta anche se in crisi. E poi una serie di altri scontri diretti tra metà dicembre e inizio gennaio. Dunque l’Inter deve darsi una sistemata in queste partite. Come?
Giocandole male (provocazione, ma non troppo). O meno bene rispetto a quanto stia facendo.

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