Un verme di mare è entrato silenziosamente ma in modo dirompente nel mondo del doping sportivo, portando con sé una minaccia che oggi appare difficilissima da intercettare. La sua particolarità è semplice quanto inquietante: consente di aumentare in modo enorme la capacità del sangue di trasportare ossigeno senza lasciare tracce nei controlli antidoping tradizionali. È per questo che allarma la WADA e gli organismi di controllo: sfugge ai test e persino al passaporto biologico.
Il protagonista è l’arenicola marina, da cui viene estratta una particolare emoglobina extracellulare capace di veicolare fino a quaranta volte più ossigeno rispetto a quella umana. Una sorta di EPO di nuova generazione, ma molto più efficace e soprattutto invisibile. La sostanza, già sintetizzata in laboratorio, è stata battezzata con un nome carico di significato: "Lance A".
Il riferimento a Lance Armstrong non è casuale. Come nel caso dello scandalo che travolse il ciclismo tra anni Novanta e Duemila, anche qui il vantaggio competitivo è enorme, ma con una differenza decisiva: non altera i parametri normalmente monitorati. L’emoglobina dell’arenicola, conosciuta scientificamente come "M101", non stimola la produzione di globuli rossi e quindi non modifica i valori ematici su cui si basano i controlli.
Ed è proprio questo il nodo centrale: l’assenza di marcatori rende il prodotto, almeno per ora, non tracciabile. Studiato da tempo per applicazioni mediche, l’estratto del verme è riemerso nel 2023 come potenziale doping, salvo poi scomparire dai radar. Oggi però il timore è concreto: che il sistema sia pronto per una nuova ondata di pratiche proibite, difficili da individuare e ancora più difficili da fermare. Il nome "Lance A", ancora una volta, suona come un avvertimento.