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Luciana Lamorgese porta in Italia altri immigrati, il decreto con cui spalanca i porti: un caso politico

 Luciana Lamorgese

Antonio Rapisarda
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Sbarchi di immigrati quadruplicati rispetto al 2020, hotspot di Lampedusa in condizioni da "denuncia" (come ha fatto addirittura il Pd), navi quarantena inspiegabilmente sulla via della dismissione, una crisi post-pandemica aggravata da quella alimentare destinata a tradursi (parola dell'Onu) in milioni di potenziali partenze dal continente africano e il ministro dell'Interno che fa? Propone un nuovo decreto flussi, ergo più immigrati.

Per carità, il tema della forza lavoro stagionale nei campi italiani è una richiesta - inascoltata, come leggerete dopo - che giunge da tempo dalle associazioni di categoria e da diverse forze politiche. Il punto, però, è che i due fenomeni non solo legati. Per una ragione molto semplice: i migranti economici e climatici, a differenza dei lavoratori stagionali, a fine estate non intendono di certo tornare nel Paese di origine. Sorprende allora, anche da questo punto di vista, come Luciana Lamorgese inquadri il fenomeno.

 

 

RICETTA - La sua tesi, espressa a Repubblica alla vigilia del vertice di Venezia dei ministri europei del Mediterrano, è la seguente: «Le migrazioni mosse da fattori economici e climatici non si possono cancellare ma possono essere governate». Tradotto: al momento né in Europa né tanto meno in Italia il fenomeno è sotto controllo. Dopo quest' ammissione, la «soluzione» proposta dal ministro tecnico che ha attraversato la stagione del Conte II per essere riconfermata da Draghi è «ampliare anche i canali d'ingresso legali, con quote di stagionali e di manodopera specializzata di cui, tra l'altro, hanno bisogno le economie europee».

Su questo è a lavoro Palazzo Chigi nella speranza - tornando al punto dell'emergenza immigrazione acuita dal nodo Ucraina - che dall'Europa giunga una risposta comunitaria, come è stato fatto per i profughi ucraini: «Senza una risposta solidale, che va certamente coniugata con altre misure anche in materia di responsabilità, non credo che per l'Unione europea sia possibile governare un fenomeno complesso e strutturale come quello migratorio».

 

 

MODELLO INCOMPIUTO - Peccato però che proprio il modello della redistribuzione "responsabile" - il cosiddetto Patto di Malta - sia rimasto praticamente lettera morta. A denti stretti è lo stesso ministro ad ammetterlo: «Quella stagione, interrotta dall'emergenza pandemica, rimane al centro delle riflessioni che facciamo a Bruxelles». Nel frattempo l'Italia resta comunque il Paese di primo approdo dei migranti dalle coste africane: e i numeri, già fuori controllo, anticipano che tipo d'estate ci attende. La ricetta della Lamorgese - partenariato strategico con le Nazioni da cui si muovono i migranti- comprende un altro paradosso: la certificazione del fallimento della sanatoria voluta - con tanto di lacrime - dall'allora ministro dell'Agricoltura Teresa Bellanova. La cosiddetta "regolarizzazione" - sorta nel 2020 - non ha inciso per nulla sui campi (la stragrande maggioranza è stata richiesta dai collaboratori domestici) né ha contribuito a risolvere il problema del caporalato. Chi bada al sodo del problema, ossia chi lavora e intraprende sulla terra, è pronto a prendere alla lettera l'annuncio della Lamorgese: «All'agricoltura servono almeno centomila lavoratori stagionali per garantire le campagne di raccolta estive di frutta e verdura». A parlare è Coldiretti che ha sottolineato la necessità di velocizzare le pratiche burocratiche per gli extracomunitari già ammessi con il decreto flussi di gennaio. Occorre "fare presto" con il pregresso, perché è già tardi: «Non è possibile che per colpa della burocrazia le imprese perdano il lavoro di un'intera annata agraria».

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