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Ong, Mediterranea provoca il governo: "In mare con la braca a vela Safira", cosa c'è dietro alla mossa

mercoledì 27 novembre 2024

2' di lettura

Torna in mare Mediterranea Saving Humans. Questa volta lo fa con un'imbarcazione nuova, una barca a vela dal nome Safira. Dopo una settimana di preparazione e addestramento dell'equipaggio, il natante è salpato dal porto di Lampedusa per quella che è la 20esima missione dell'ong. "Nei prossimi giorni la nostra nave Mare Jonio, dopo esser stata sottoposta per la terza volta a un illegittimo fermo amministrativo sulla base del decreto legge Piantedosi in seguito al soccorso di 83 persone nell'ottobre scorso - spiegano da Mediterranea - deve entrare in cantiere per la visita 'a secco in bacino' (dry-dock) prevista ogni tre anni dal Registro navale italiano (Rina), e non potrà perciò essere operativa per un certo periodo".

Questo non ferma l'organizzazione pro-migranti che descrive "la situazione lungo le rotte migratorie del Mediterraneo centrale" come "drammatica". L'ennesima missione - fa sapere Laura Marmorale - è legata ai "violenti respingimenti verso questi Paesi" e al "rischio che riprendessero le operazioni di intercettazione e deportazione in Albania da parte del governo italiano". L'associazione Safira di Trapani ha messo a disposizione di Mediterranea la barca a vela battente bandiera italiana e i suoi comandanti. "Da oggi pattuglierà navigando per una settimana nelle acque internazionali a sud di Lampedusa - spiega Danny Castiglione, capomissione a bordo -. Nelle ultime settimane abbiamo preparato la barca, attrezzandola dal punto di vista tecnico con tutti i dispositivi necessari, e abbiamo imbarcato un equipaggio di attiviste e attivisti di Mediterranea che comprende un team completo di soccorritori, medici e paramedici. Siamo pronti a intervenire".

Non è comunque la prima volta che si adotta la cosiddetta "strategia del veliero". Si tratta di imbarcazioni che non hanno adeguata autonomia per gli spostamenti avendo serbatoi di dimensioni ridotte e che per la loro struttura non possono essere mandate in porti eccessivamente distanti. Un modo come un altro per aggirare il decreto Piantedosi.

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