Sassuolo (Modena), 19 nov. (askanews) - "Dobbiamo posizionare una nuova strategia per la tenuta competitiva" dell'industria ceramica italiana, che vale 7,6 miliardi di fatturato con l'80% di export ma rischia di perdere la sua identità produttiva a causa degli oneri del sistema europeo Ets. Il vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, Vincenzo Colla, ha convocato questa mattina a Sassuolo il primo Tavolo Settoriale con Confindustria Ceramica e le segreterie nazionali di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil.
"Abbiamo bisogno di posizionare una nuova strategia rispetto alla tenuta competitiva di un settore così strategico per il nostro paese - ha spiegato Colla - Non dimentichiamo che le ceramiche fanno 80% di export, molto valore aggiunto, è veramente un made in Italy".
"Vogliamo aprire una nuova discussione anche rispetto a uno scenario che si sta modificando in Europa - ha proseguito il vicepresidente e assessore regionale allo Sviluppo economico -. Dobbiamo andare a fare quella discussione del nuovo Omnibus sull'ambiente europeo. Con il presidente della Regione saremo insieme a Bruxelles per dire al commissario: attenzione, non è che non vogliamo la sostenibilità ma la dobbiamo accompagnare con investimenti. La sostenibilità deve essere un fattore di competitività, quindi serve la modifica dell'Ets per permettere che quelle risorse ritornino ad avere investimenti di qualità sia in tecnologia che in sostenibilità".
"Se lasciamo l'Ets così non si dà nemmeno una risposta alla CO2 perché se non vendiamo in Italia i nostri concorrenti sono indiani, turchi, cinesi che non sanno neanche cos'è l'emission trading" ha aggiunto Colla.
Il settore, che conta 248 imprese con 25.920 dipendenti, si trova in una fase complessa con costi energetici elevati e oneri Ets che equivalgono a una maggiorazione del 15% del costo del gas. Nel 2024 gli investimenti hanno visto una riduzione del 20%, circa 80 milioni di euro in meno.
"Proviamo a difenderci perché altrimenti se perdiamo l'identità industriale dentro ci sono i lavoratori - ha concluso il vicepresidente - Attenzione che queste aziende rischiano di diventare commerciali e la produzione la vanno a fare da altre parti. Non è il modello che noi vogliamo in Emilia-Romagna".



