Milano, (askanews) - Come spesso accade nel mondo del cibo e del bere, le ricette di maggior successo nascono da errori o da necessità. Lo è stato per il panettone, la tarte tatin, il gorgonzola. Vale anche per la Ipa, la India pale ale, una birra nata in epoca coloniale ad opera dei mastri birrai inglesi che per portarla in India senza che irrancidisse, aumentarono le quantità di luppolo sfruttandone le caratteristiche antiossidanti. Questo chiaramente conferì alla birra una forte personalità, più decisa e alcolica. Tutti elementi che il mercato italiano ha riscoperto e apprezza sempre di più, come dimostra l'ultima nata in casa Birra Moretti, una Italian pale ale, originale nello stile Ipa ma accessibile, come tutte le altre speciali: "E' una birra che sposa lo stile Ipa che noi abbiamo italianizzato, rendendolo adatto al gusto dei nostri connazionali - ha spiegato ad askanews Agata Zani, innovation brewmaster di Heineken Italia ovvero la mamma di questa nuova nata in casa Moretti, come del resto anche della Bianca - Secondo lo stile originario la nostra Ipa Moretti ha una luppolatura a freddo e questo fa sì che la birra abbia molti profumi: a seconda della varietà di luppolo che viene scelta, tutti gli oli essenziali si sprigionano al naso dando un gusto molto particolare". La nuova Ipa della famiglia Birra Moretti nasce nello stabilimento di Comun Nuovo, in provincia si Bergamo, il più grande d'Italia e tra i più grandi d'Europa, dove nel 2018 si sfioreranno i 3 milioni di ettolitri di birra prodotta per un totale di 40 tipologie di bionde diverse. "Il processo di introduzione della nuova birra, dalle prime idee iniziali fino alla produzione vera e propria ha richiesto da un anno e mezzo ai due anni di lavoro. In particolare, per la nuova Ipa la luppolatura a freddo è stato un processo che non avevamo mai effettuato prima nel birrificio e questa è stata sicuramente l'innovazione più importante che abbiamo introdotto". Protagonista indiscusso di questa birra è infatti il luppolo, in particolare è centrale proprio la fase di dry hopping, la luppolatura a freddo, una tecnica riscoperta in anni molto recenti dai craftbrewers americani, i birrai artigianali, e per questo adatta alle piccole produzioni: "Ha richiesto un grande sforzo produttivo e di innovazione al nostro birrificio che ha produzioni molto grandi - spiega Zani - ma d'altra parte era un percorso inevitabile se volevamo avere un prodotto coerente con il dry hopping che è l'unico modo per mantenere originali tutti gli aromi del luppolo perchè il luppolo è un fiore ricco di oli essenziali che messo solo nella fase a caldo vengono persi". Per la Ipa del Baffo sono previste tre gettate di luppolo, due a caldo che estraggono le sostanze amaricanti del luppolo e l'ultima appunto a freddo, intorno ai 2 gradi alla fine della fermentazione in cantina. Il risultato è una birra che si riconosce subito al naso e poi al palato: "Al palato si traduce in una birra dal grande carattere e un'amarezza importante, ma non esagerata - racconta Agata Zani - La nostra birra ha una amarezza non aggressiva, non pungente che si bilancia con le note del malto. Prima di tutto però avvertiamo Ipa al naso: prima di assaggiarla veniamo investiti da questa carica olfattiva netta, tipico aroma che solo il dry hopping può dare" Al naso arrivano così note agrumate che ricordano il lime e il pompelmo, ma anche frutta gialla e tropicale, che la rendono adatta agli aperitivi o in abbinamento con piatti di pesce e formaggi.
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