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In Cina il Covid-19 non ferma il consumo di carne di cane

Yulin, 23 giu. (askanews) - La pandemia di coronavirus, iniziata proprio in un mercato di animali vivi in Cina, ha rallentato ma non fermato il mercato di carne di cane a Yulin, sempre in Cina, dove ogni anno si tiene un festival dedicato proprio agli estimatori della carne di cane, sebbene siano molti, anche nello stesso Paese asiatico, a definire deprecabile la pratica di vendere, macellare e cucinare animali da compagnia a scopo alimentare.

Alcuni cani, sottratti al massacro, sono stati ricoverati in un canile di Pechino dove dei volontari si prendono cura di loro, continuando a contrastare questa "barbarica abitudine" e sperando che un giorno la gente smetta di mangiare la carne di cane.

"È veramente quello che ci auguriamo - spiega Ling, una dei volontari - è per questo che lavoriamo ed è contro questa cosa che stiamo combattendo".

"Il commercio di cane a Yulin ha solo subito un calo per un paio di mesi - aggiunge dagli Stati Uniti Peter Li, esperto di politica cinese - ma poi si è ripreso. Molti cani trasportati a grande distanza, però, possono essere un terreno fertile per lo scoppio di una nuova pandemia; la Cina è il secondo Paese al mondo per casi di rabbia che il governo cinese vorrebbe eliminare entro il 2025. Però se il commercio di carne di cane prosegue, quest'obiettivo potrebbe non essere raggiunto".

Di recente Pechino ha riconosciuto cani e gatti come animali domestici, pur non sancendo, di fatto, il divieto di mangiarli. La pandemia di Covid-19 però ne ha ridotto i consumi e, sebbene il divieto di vendere e mangiare animali selvatici non si applichi a cani e gatti, molte città lo hanno esteso anche agli animali domestici. La speranza degli animalisti è che siano sempre di più le aeree della Cina a cancellare questa pratica disumana e a trattare cani e gatti come amici e non come cibo.

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