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Non fermiamo la vertigine

calcio

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La morte, soprattutto quella improvvisa, quella che colpisce chi, secondo i nostri poveri schemi, dovrebbe esserne immune, è come una vertigine. Ma anche di fronte a questo evento misterioso, che per un istante ci obbliga a domandarci cos'è il tempo e qual è il senso di noi e di chi amiamo, ricadiamo nella solita tentazione. Di sistemare le cose, di trovare la formula per non pensarci più. E' successo di nuovo oggi, con la morte di questo ragazzone alto alto di soli 25 anni, Piermario Morosini. E' caduto faccia a terra. Sul prato del nostro illusurio delirio di eternità. Sul giocattolo  nazionale che ci diverte e ci distrae dalla noi campionati. Per oggi e per domani. Bene. Fermiamoci pure. Ma non sia un alibi per evitare le domande. Quelle sulle morti, troppe, del calcio. E quelle, soprattutto, sul senso  della nostra vita. La vita va avanti. Lo sappiamo tutti. Se domani non ci sarà il Campionato, ciascuno di noi farà altre cose. E magari a Morosini penseremo giusto perché ci ha permesso di fare altro. Ecco, il problema è quando faremo altro. Quando, finita la pausa del Campionato, ricomincerà tutto. Potremo proseguire come niente fosse oppure tenere vive quelle domande. Che senso ha il mio tempo? C'è qualcosa più grande della morte o il nostro destino è questo? Ma se è questo che senso ha tutto questo gran daffare che ci diamo? Non sistemiamo anche questa morte in un cassetto.  O in una decisione burocratica che va bene per un giorno, ma non salva nessuno.      

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