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Sindone, "parte delle macchie di sangue non può essere vera"

Chiesa

AdnKronos
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Roma, 16 lug. (AdnKronos) - Una parte delle macchie di sangue presenti sulla Sindone non possono essere vere. E' quanto rivela un nuovo studio, pubblicato sul Journal of Forensic Sciences, basato su un esperimento condotto da Matteo Borrini, dell'università di Liverpool, e Luigi Garlaschelli, del Cicap (Comitato italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze). "Partendo da fotografie in scala reale, quindi in altissima risoluzione, attraverso l'analisi delle tracce ematiche, così come si fa sulla scena di un crimine, abbiamo voluto verificare come potevano essersi formate, in base alle incontrovertibili leggi della fisica", ha spiegato all'Adnkronos Borrini, antropologo forense. La Sacra Sindone, il lenzuolo di lino conservato nel Duomo di Torino, che la tradizione cristiana identifica con quello usato per avvolgere il corpo di Gesù nel sepolcro, è da sempre al centro di dubbi per la sua autenticità. "Noi non siamo partiti da un pregiudizio - ha aggiunto - abbiamo preso per assunto che quelle macchie appartenevano a una persona crocifissa e da lì siamo partiti". Borrini e Garlaschelli hanno ricostruito il modo in cui si sono formate le macchie di sangue su polsi, avambracci, quelle dovute alla ferita da lancia sul petto e quelle intorno alla vita (comunemente chiamata 'cintura di sangue'). Garlaschelli, oltre a essere ricercatore, si è prestato per testare su se stesso il modo in cui le macchie potevano essersi formate, a seconda della posizione assunta. I due esperti hanno cercato di capire la posizione delle braccia, sempre avvalendosi delle tecniche che vengono utilizzate sulle scene del crimine, con sangue vero e sintetico. L'unica ipotesi compatibile vedeva "le braccia molto estese verso l'alto, in una posizione superiore a 45 gradi": "Una posizione plausibile, anche pensando alla 'Crocefissione' del Mantegna", continua Borrini che ha attaccato una sacca di sangue con una cannula per riprodurre il sanguinamento dalle mani fino all'avambraccio. "I rivoletti di sangue sul polso hanno un orientamento diverso rispetto a quello degli avambracci e su una croce non è possibile - sottolinea lo studioso - c'è chi dice che il sanguinamento possa essere post mortem: abbiamo messo il nostro volontario in tutte le posizioni, ma non siamo riusciti a ottenere un sanguinamento compatibile". I due studiosi si sono poi occupati del torace, delle tracce lasciate dalla ferita sul costato provocata dalla lancia, utilizzando un bastone che terminava con una spugna: "In questo caso ci siamo serviti di un manichino, che abbiamo messo in verticale - continua Borrini - il sangue goccia verso il basso. E questo è compatibile". Poi è stata la volta della striscia di sangue orizzontale, la cosiddetta cintura, una macchia trasversale che si trova all'altezza dei reni: "Sempre partendo dall'idea che si sia formata post mortem, il sangue nella realtà va verso l'ascella per formare una pozza al livello della scapola. Insomma la macchia che c'è sembra più compatibile con un'esecuzione artificiale". Insomma, "le incongruenze che abbiamo rilevato sono spiegabili con l'artificiosità delle macchie stesse - conclude Borrini - come si dice in gergo ci sono indizi gravi, precisi e concordanti che puntano verso un unico verdetto possibile, cioè che siamo davanti a un artefatto".

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