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Il redditometro è sbagliato:il software non funziona

Attilio Befera

Anche Befera sorpreso dalle prime simulazioni: spendere la stessa cifra in gioielli o in viaggi di piacere dà risultati opposti. Uno strumento da buttare...

Matteo Legnani
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di Fosca Bincher Qualche dubbio è venuto perfino allo staff del direttore dell'Agenzia delle Entrate. Prima di arrivare alla presentazione del Redditest infatti lo stesso Attilio Befera si era raccomandato ai tecnici di non compiere più tutti gli errori del passato. Nel vecchio redditometro i coefficienti di moltiplicazione delle varie spese erano spesso bislacchi, e in non pochi casi contenevano una valutazione etica della spesa che non ha nulla a che fare con un fisco moderno. Qualche miglioramento c'è stato, ma dopo avere letto le prime simulazioni fatte dalla stampa specializzata e non, qualche dubbio su come fosse stato costruito quel software è venuto anche a Befera e ai suoi principali collaboratori. Vedere che a parità di perimetro e dati immessi nel sistema, il semplice spostamento della stessa cifra da una voce di spesa all'altra faceva cambiare il giudizio finale del Redditest, ha sorpreso. Il fatto è che il software è complesso, e calcola in sé dati che non sono visibili, ma che sono stati inseriti dai tecnici dell'Agenzia delle Entrate. Il contribuente pensa di mettere una cifra spesa in quel settore, e che tutto finisca lì. Invece automaticamente il redditest elabora quel dato e con la funzione di regressione lo inquadra secondo logiche pre-stabilite.  Ad esempio ieri qualcuno ha provato a inserire la stessa cifra di spesa in due voci diverse: l'acquisto di gioielli e i viaggi di piacere. La cifra non era in sé elevatissima - 8.000 euro - eppure nel caso dei gioielli è risultata spesa ammessa, dando come giudizio finale il semaforo verde della coerenza. Se si spostano quegli 8 mila euro dalla spesa per gioielli a quella dei viaggi scatta subito il semaforo rosso, e il contribuente risulta «incoerente». Perché? Se lo è chiesto anche lo staff di Befera. Ottenendo come risposta dagli ideatori del software che «il gioiello è valorizzato dalla funzione di regressione come bene a utilità pluriennale, mentre un viaggio è considerato dalla regressione come spesa corrente». Il gioiello è considerato dunque un investimento che resterà negli anni e in teoria potrebbe anche apprezzarsi. In ogni caso è patrimonio rivendibile, quindi è giustificato il suo acquisto perfino se supera insieme alle altre spese le entrate dichiarate: ci si può indebitare per un rubino, è una spesa oculata. Il viaggio di piacere no, è solo un modo di buttare via i soldi. Tecnicamente la considerazione degli ideatori del software non è sbagliata, anche se non si capisce perché l'acquisto di gioielli è inserito fra le spese voluttuarie e non nel capitolo - più opportuno - degli investimenti mobiliari. Come un'azione quotata, un'obbligazione o un titolo di Stato,  il diamante o un anello d'oro può certamente essere rivenduto, può apprezzarsi, ma può anche perdere valore. Bisognerebbe entrare nella testa dei tecnici della Agenzia delle Entrate, per conoscere la correttezza dei criteri adottati. Il Redditest fa molte domande puntuali, anche dettagliate. Ma ha nascoste decine di considerazioni che interpretano la risposta secondo logiche solo loro. Ad esempio vengono chieste le proprietà immobiliari, per cui bisogna indicare luogo e categoria catastale. Poi viene chiesto nel dettaglio cosa si spende per quelle proprietà: mutui, ristrutturazioni, investimenti, principali bollette. Uno inserisce tutto e a lui i calcoli risultano corretti: questo ho speso, questo avevo e non sono finito in rosso, quindi tutto corretto. Eppure il Redditest ti boccia lo stesso. Perché? Perché non si fida dei dati che inserisce il contribuente. Lui ha già la risposta in testa su cosa deve costare la manutenzione globale della villetta al mare. Tu scrivi le spese che davvero sostieni, indicando al esempio 15 mila euro l'anno. Lui ha in testa che invece quella villetta costa di manutenzione 40 mila euro l'anno, e non c'è verso di convincerlo del contrario: si accende semaforo rosso, giudizio di incoerenza e si rischia quindi accertamento dell'Agenzia delle Entrate. Lo strumento è diabolico, e rischia di trasformarsi nella nuova tortura dei contribuenti. Chiamati a difendersi a ripetizione anche se non hanno fatto nulla. Qualche dubbio tecnico sta sorgendo fra gli esperti anche sull'anonimato del giochino. Vero che il software è costituito di file java che in teoria dovrebbero operare fuori line sulla scrivania del computer, e quindi lì restare. Ma come spiega la stessa Agenzia c'è un collegamento informatico con gli ideatori del software, tanto vero che quando si lancia va a cercare eventuali versioni aggiornate per usare quelle. È  tutto da dimostrare che non  vengano inviati anche i dati compilati dal contribuente, magari per gioco. L'unica certezza è che il Redditest non è obbligatorio: la cosa migliore è proprio non farlo.

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