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Tetto agli stipendi dei manager: c'è il trucco

Lucia Esposito
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Brutto scherzo d'aprile per i top manager delle società pubbliche controllate (più o meno direttamente) dal ministero dell'Economia. Si salvano solo quelli (tanti) delle società quotate e che emettono «altri titoli negoziati su mercati regolamentati» (vale a dire Ferrovie dello Stato spa, Cassa Depositi e Prestiti spa, Poste Italiane spa), e le rispettive controllate. Per queste società, specifica la nota del tesoro diramata ieri pomeriggio, «non sono attualmente previsti limiti in valore assoluto alle retribuzioni». Ad esempio, il Cda di Ferrovie dello Stato ha stabilito un compenso di 90 mila euro (sforbiciata del 25%) per l'ad. E così a Mauro Moretti, dal quale era partita tutta la polemica sui tagli, non viene toccata la parte che gli spetta come rapporto dirigenziale, pari a 753 mila euro. E veniamo al succo, o meglio ai quattrini: «I compensi degli amministratori delle società non quotate, direttamente o indirettamente controllate dal ministero, non potranno superare il trattamento economico del primo presidente della Corte di Cassazione». Vale a dire: 311.658,53 euro lordi (circa 12mila euro al mese). Ma la formula adottata da Pier Carlo Padoan - o meglio dai burocrati che l'hanno redatta - fa sorgere il sospetto che si voglia lasciare qualche zona grigia. Nel decreto le società controllate direttamente o indirettamente dal Mef vengono classificate «in fasce di complessità sulla base di precisi parametri che riguardano il valore della produzione, gli investimenti e il numero dei dipendenti». Per ciascuna fascia è stato fissato «un limite retributivo per il trattamento economico degli amministratori: per gli amministratori delle società della prima fascia il tetto è pari al 100% del trattamento economico del Primo Presidente della Corte di Cassazione (i famosi 311mila euro lordi); per gli amministratori delle società della seconda fascia il tetto è pari all'80% (ovvero (249.326,82 euro), per gli amministratori delle società della terza fascia il tetto è pari al 50% (155.829,27 euro). Più nel dettaglio per Anas, Invimit e Rai lo stipendio dell'amministratore delegato sarà di 311.658,53 euro, mentre quello dei presidente di 93.497,56 euro. Nelle note viene specificato che per il presidente-ad di Anas lo stipendio fissato è di 301mila euro. Invimit ha stabilito un compenso di 90mila euro per il presidente e 300mila euro per l'ad. Per Coni servizi, Consap, Consip, Enav, Euro (solo ad), Gse, Invitalia, Ipzs, Sogei e Sogin per l'amministratore delegato il tetto è 249.326,82 euro, mentre per il presidente è di 74.798,05. La nuova griglia delle retribuzioni si incrocia con la pratica delicata dei rinnovi. Ad aprile scadono infatti le poltronissime di Eni, Enel, Finmeccanica, ecc. Oltre 600 posti alla guida di multinazionali o solo piccole realtà, che però garantiscono se non più stipendi faraonici almeno ruoli di potere e “relazione”. Anche per le quotate (e per le società con attività finanziarie) però arriverà una limatura ai compensi. O meglio un “suggerimento” a contenere compensi, premi e retribuzioni: «In sede di rinnovo degli organi di amministrazione» verrà avanzata una «proposta in materia di remunerazione» , spiega prudente il Tesoro, «per una riduzione dei compensi». di Antonio Castro

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