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Agenzia delle Entrate, cosa succede se scatta la contestazione: un calvario in due storie

Giulio Bucchi
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Cosa succede se il Fisco contesta erroneamente a un contribuente irregolarità ed evasione fiscale? Un inferno di burocrazia e piccole, grandi ingiustizie, perché anche se il ricorso va a buon fine, il professionista, l'imprenditore, l'artigiano accusato senza fondamento ha diritto sì a un risarcimento, ma con tempi e modi kafkiani. Repubblica riporta due storie esemplari, e decisamente scoraggianti. "Hai speso poco in comunicazione: 100mila euro di multa" - Il primo è quello di Umberto Angeloni, che nel 2007 ha rilevato l'azienda tessile Caruso Menswear di Parma: 600 dipendenti e conti in rosso. In quattro anni l'imprenditore la riporta in utile e la inserisce nel grande mercato globale, inserendo in società Fosun, il più grande fondo privato cinese. Succede però che l'Agenzia delle Entrate gli contesta una presunta irregolarità sulle spese per la comunicazione. A differenza dei "competitor", la Caruso spende in promozione appena l'1% (contro il 5-10% di media). Il sospetto è che quelle fatture attribuite a soggetti esterni all'azienda fossero in realtà "fittizie". Un sospetto, appunto, che però costa all'imprenditore una richiesta di "adesione", ossia patteggiamento, di 100mila euro da versare al Fisco. Angeloni dice no, affronta il contenzioso e spende 50mila euro in spese legali. Se ricorrerà, dovrà comunque pagare in via preliminare un terzo dell'ammenda e poi scatteranno le multe per gli anni in sospeso, dal 2010 al 2013. Un calvario, il secondo. Perché già nel 2010 aveva vinto un contenzioso per tasse non dovute: 50mila euro, che dopo 4 anni lo Stato non gli ha ancora versato. "Troppo filo non usato: 60mila euro di multa" - Simile, ma più fortunato, il caso di Gustavo Ascione: nel 2007 ha fondato a Caserta una piccola impresa di tessuti per arredamento con esportazioni in Russia e Medio Oriente. L'Agenzia delle Entrate gli contesta una produzione in nero sulla base di chili di filo ordinati e metri di tessuto venduto, chiedendogli di pagare 60mila euro. Una somma che avrebbe fatto chiudere l'azienda e mandato a casa i suoi 9 dipendenti. Ascione ha cercato di spiegare al Fisco che "i tessuti hanno pesi e orditi diversi secondo le tipologie e che del filo avanza sempre in fondo ai rocchetti. Ma non mi hanno ascoltato". Dopo la solita trafila (e 7mila euro di spese legali), una commissione tributaria ha sospeso e poi annullato la contestazione. In mezzo, tempo e soldi sottratti al lavoro.

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