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Terrorismo, Mario Arpino: "Iniziativa contro sorpresa. L'Occidente si adatti all'evoluzione del terrore"

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Giulio Bucchi
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"Ciò cui oggi stiamo assistendo non è altro che un processo di reciproco adattamento, nel contesto dell'antica lotta tra lancia e corazza". Secondo il generale dell' Aeronautica Militare Mario Arpino il terrorismo islamico avrebbe subìto, dal 2001 a oggi, una evoluzione tale che l'Occidente si trova ora costretto a sviluppare una capacità di adattamento, necessaria ad arginare il fenomeno. Charlie Hebdo, super market kosher e ancor prima attentati in Usa Canada e Australia: evoluzione del terrorismo islamico?  "Un'evoluzione del terrorismo islamista è una realtà evidente, sopra tutto se partiamo dalle modalità organizzative ed operative delle stragi dell'11 settembre 2001 ed osserviamo ciò che sta accadendo oggi in giro per il mondo. Allora l'azione era stata possibile per aver sfruttato alla perfezione quel sommo principio di ogni dottrina militare che si chiama sorpresa. Non che non fosse immaginabile, considerato che – come si era visto già pochi giorni dopo le stragi – tutti i nomi e molti elementi della pianificazione erano già noti all'intelligence. Solo che erano dati immersi in una gran massa di informazioni che, per difetto di coordinamento tra Servizi e carente metodologia di lavoro, non erano emersi in tempo utile ad evitare la tragedia. Ora la situazione, sebbene ancora in varia misura perfettibile, è radicalmente cambiata, ragione per cui il principio sorpresa trova più difficile applicazione. Resta valido quello della iniziativa, ma anche questo si scontra con altrettanto attivismo da parte della difesa, che non si limita più alla mera “prevenzione”. Ciò cui oggi stiamo assistendo non è altro che un processo di reciproco adattamento, nel contesto dell'antica lotta tra lancia e corazza. Crede nella teoria dei "lupi solitari" condizionati dalla propaganda dello Jihad?  "E' uno degli elementi di questa perenne necessità di adattamento, dove, tuttavia, gli episodi di terrorismo vanno distinti da quelli perpetrati dai tanti psicopatici che purtroppo circolano nelle nostre città. Su questi, l'effetto imitazione – favorito in larga misura da quello mediatico originato dagli eventi di terrorismo organizzato – è senz'altro potente acceleratore ed elemento scatenante. Anche su questo, forse occorrerebbe spendere qualcosa in più di un pensierino, richiamando qualche ambiente ad una più attenta responsabilità editoriale. Democrazia – almeno come è oggi intesa – e social media certo non agevolano le raccomandazioni di maggiore cautela. Ciò detto, le cellule in sonno del terrorismo, quelle che pittorescamente chiamiamo lupi solitari, esistono ed attendono il momento propizio o l'ordine (via social media) di passare all'azione. Le organizzazioni terroristiche, destrutturate dalla maggiore efficienza dell'intelligence e delle forze dell'ordine – e quindi prive di una efficace catena di comando e controllo – le considerano risorsa preziosa e tendono a moltiplicarle". E' d' accordo con chi sostiene che gli attacchi di Parigi rientrino nell' orbita di una conflittualità tra Al Qaeda e Isis?  "E' un'ipotesi percorribile, ma non verificabile. La conflittualità senz'altro esiste, come sempre accade tra attori che hanno gli stessi fini, ma strutture e modalità operative diverse. Gli attentati in Francia ed in Belgio, tuttavia, non sono da considerarsi “botta e risposta”. Al Qaeda, dopo l'uccisione di Bin Laden, si è trasformata in una struttura orizzontale, articolata in organizzazioni satellite a livello regionale, con una larga autonomia di azione qualora si presentino circostanze favorevoli. Il sedicente Stato Islamico, al contrario, mantiene una struttura verticale, con una linea di comando per la Siria ed una per l'Iraq. La lotta è sopra tutto all'interno dell'Islam (non solo tra sciiti e sunniti), ma in Occidente è in particolare Al-Qaeda ad avere necessità di cellule “in sonno”. L'Isis si avvale dei propri “soldati”, specificatamente addestrati o reduci dal combattimento. Questo, molto prima delle azioni a Parigi, lo aveva già spiegato con parole agghiaccianti un reduce “pentito” inglese. Il ritornello delle istruzioni prima del rientro è: Uccidili. Se non puoi usare una bomba, usa una pallottola. Se non ce l'hai, colpiscili con un mattone, o con un coltello. Fai ogni cosa che puoi. Se non hai niente, almeno sputagli in faccia. Se non puoi fare nemmeno questo, significa che sei un cattivo musulmano. Da quel che osserviamo, la lezioncina sembrerebbe efficace". Può spiegarci cosa sia il Pnr? "Ci provo. Subito dopo l'11 settembre, il Congresso aveva approvato una legge che imponeva a tutte le compagnie che operavano verso gli Usa o sorvolavano gli Usa di consentire un ingresso elettronico alle loro registrazioni dei passeggeri (PNR – Passengers Name Record), ivi compresi dati personali da noi coperti dalle legge sulla privacy. Le Autorità doganali statunitensi, in seguito alle resistenze europee – supportate dalla Commissione Ue – concedevano varie proroghe, decidendo però di cominciare a sanzionare a partire dal dicembre 2003. Nello stesso anno la Commissione, a seguito di una negoziazione con il Department of Homeland Security, annunciava di aver ottenuto delle garanzie in grado di conseguire un sufficiente grado di salvaguardia delle esigenze di privacy. Alcun Stati consentivano subito di aderire alla cessione dei dati, ma, con una risoluzione del 31 marzo 2004, il Parlamento Europeo riteneva inadeguato l'accordo raggiunto dalla Commissione, invitandola a ritirarla e rinegoziarla, riservandosi il diritto di adire alla Corte di Giustizia. Sono trascorsi una decina d'anni, ed i progressi consentiti dalla burocrazia europea sono stati piuttosto scarsi. Nel Consiglio dei Ministri degli Esteri tenuto a seguito dei fatti di Parigi, l'alto rappresentante per la politica estera della Ue, Federica Mogherini, sollecitava l'applicazione di alcune misure di “scambio intelligence” da tempo in attesa di approvazione, tra le quali proprio l'istituzione di un registro comune dei passeggeri (Pnr) tra la Ue e i Paesi terzi a rischio".  A suo avviso è uno strumento efficace di controllo?  "Certamente non sarà un sistema risolutivo, ma episodi recenti – accaduti anche in Italia – ne consiglierebbero l'attuazione quanto prima. Con cinquemila foreign fighters in presumibile rientro, qualche piccola penalizzazione alla nostra totale libertà la dobbiamo pur accettare. Le persone perbene, d'altro canto, non hanno nulla da temere...". di Marco Petrelli @marco_petrelli

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