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L'Onu dice no alla mediazione sul caso dei marò: "Questione bilaterale"

Dopo aver raddoppiato il pressing e cercato di creare il massimo consenso internazionale possibile sul caso dei due fucilieri arrestati in India, l'italia riceve il no Ban Kimoon

simone cerroni
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  I giorni scorsi, il Ministro degli esteri italiano, Emma Bonino, aveva annunciato apertura di un canale, in ambito Nato e Onu, per il caso dei due fucilieri italiani Salvatore Girone e Massimiliano Latorre accusati di terrorismo. Da subito la situazione gli era chiara. Si era detta perplessa sui i risultati della consultazione affermando che non era scontato avere solidarieta' solide. Detto fatto. Martedì 11 febbraio sono arrivati i primi riscontri, ma anche i primi rifiuti. "È meglio che la questione venga affrontata bilateralmente piuttosto che con il coinvolgimento dell'Onu": ha detto il segretario generale Ban Kimoon.  Il pressing italiano - Se l'Italia ha una scarsa valenza a livello internazionale sui faccia a faccia con gli altri stati membri dell'Onu, basta considerare il caso della mancata estradizione di Cesare Battisti dal Brasile, a questo punto non rimane che effettuare richieste tramite le organizzazioni internazionali di cui si è parte. Negli ultimi giorni il governo italiano ha raddoppiato il pressing, cercando di creare il massimo consenso possibile sul caso dei due marò arrestati in India, arrivando persino all'Alto commissariato per i diritti umani dell'Onu. L'Italia chiedeva di valutare se ci siano gli estremi per procedere "per violazione dei diritti umani, per quanto riguarda la mancanza di un capo di imputazione per i fucilieri di Marina da parte dell'India dopo due anni, accompagnata da una restrizione della libertà". Il no dell'Onu - Martin Nesirsky, portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-monn ha gelato le speranze dell'Italia di coinvolgere ed ottenere il sostegno anche dell'Onu sul caso dei Maro'. "E' una questione bilaterale", ha dichiarato nel briefing quotidiano con la stampa accreditata Nesirsku secondo quanto emerge dalle trascrizioni dell'uffico stampa del Palazzo di Vetro a New York. L'Unione europea - La risposta più importante è invece arrivata dall'Unione europea, dove il ministro degli Esteri della Ue Catherine Ashton ha parlato a lungo del caso nell'audizione alla commissione Esteri dell'Europarlamento. Se fino un anno e mezzo fa la Ashton si diceva reticente a interpellare le organizzazioni internazionali sul caso, ora, dopo la scelta del procuratore indiano di chiedere il ricorso al Sua Act, la legge anti-terrorismo e la mancanza di un capo d'accusa formalizzato, fa marcia indietro. Per la Ashton risulta (ora) chiaro che la decisione di accusare i due fucilieri in base alla legge sul terrorismo "è allarmante non solo per l'Italia", che diverrebbe cosi uno Stato terrorista, "ma per tutti gli Stati europei e implicherebbe una serie conseguenze per tutte le azioni antiterroristiche che vengono effettuate".  L'udienza - I giorni scorsi la Corte suprema di New Delhi, incaricata di esaminare il ricorso italiano sulla vicenda dei marò, ha fissato una nuova udienza per martedì 18 febbraio.  Il giudice Chauhun ha confermato l'intenzione di applicare la legge antiterrorismo senza la pena di morte.  

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