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Caselli fa ricorso al Tar per riavere la sua pensione d'oro

Per l'ex capo della procura di Torino, 300mila euro l'anno di stipendio non bastano a garantire l'indipendenza dei magistrati

Matteo Legnani
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Rischiano di ledere "l'indipendenza dei magistrati", quei provvedimenti che gli hanno ridotto lo stipendio, e adesso la pensione, in omaggio alla spending review. Così, come scrive oggi il quotidiano "Il Giornale", Giancarlo Caselli ha deciso di fare ricorso al Tar del Piemonte, sollevando questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 23-ter del decreto legge 201 del 2011, convertito nella legge 214 lo stesso anno. Prevede, quel provvedimento, che gli stipendi (e quindi di conseguenza le pensioni) dei top manager pubblici vengano allineati a quello del Primo presidente della Corte di cassazione che è pari a 302.937 euro, già rivalutati quest'anno a 311.000 euro. Ma Caselli non ci sta: come fa, si chiede, un magistrato a mantenere la sua "indipendenza" con "solo" 25.244 euro al mese, 5.609 alla settimana, 829 al giorno? Per questo, l'ex capo della procura torinese, che nei due anni (dal '99 al 2001) in cui lavorò al Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) prese l'equivalente di 540mila euro del 2013, ha deciso di chiedere la tutela del Tribunale amministrativo della regione in cui ha esercitato per anni un importante ruolo. Dovesse perderlo quel ricorso, Caselli (che è in pensione dallo scorso dicembre) si vedrebbe costretto a restituire 15.438 euro per le somme non dovute in busta paga tra aprile 2012 e maggio 2013.

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