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Mazzate di Facci: "Grillo, Bossi, Di Pietro. Ormai è una barzelletta umana"

Marco fa il manettaro solo con Berlusconi, mentre difende Tonino come un Ghedini qualsiasi. Nessuna novità: non è mai stato credibile

Giulio Bucchi
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di Filippo Facci Che noia. C'è un tizio, Marco Travaglio, che vorrebbe in galera i giornalisti che «dicono il falso» ma che è stato condannato penalmente con «prova del dolo» e cioè sapendo di diffamare: sentenza del 15 ottobre 2008, confermata in Appello l'8 gennaio 2010, prescritta il 4 gennaio 2011 senza l'opposizione del condannato. Uno che però ha scritto un milione di volte che una prescrizione equivale a una condanna e che ha pure beccato un sacco di condanne civili. Uno che la mena con l'indipendenza dei giornalisti e però pubblica solo carte di magistrati coi quali peraltro va in vacanza. Uno che è andato pure in vacanza con con un tizio poi condannato per favoreggiamento di un prestanome di Bernardo Provenzano. Uno che la mena coi servi berlusconiani e che però ha pubblicato due libri con la Mondadori già berlusconiana. Uno che ha appena fatto un libro che deride chi credeva in Bossi ma che scriveva, con pseudonimo, sulla Padania. Uno che ha intervistato Grillo e alla fine aveva il naso marrone. Uno che ricatta i conduttori di talkshow dicendogli che, se c'è il sottoscritto, non ci sarà lui. Questo tizio, ieri, è riuscito a difendere Di Pietro scrivendo un articolo infarcito di omissioni e di balle: sembrava un ghedini minore. Ha detto che Di Pietro è un personaggio che non ha niente da nascondere: il suo scritto era una barzelletta. Questa sera ne racconta altre. Una è diventata lui.

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