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Sono diventato isalmofobo e me ne vanto

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Andrea Tempestini
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Ebbene sì, mi costituisco davanti al tribunale dell'Inquisizione contemporanea, che come ha documentato nei giorni scorsi Libero è di stretta osservanza maomettana. Sono islamofobo, e lo rivendico. È l'orrore supremo, per la Cupola Intellettuale mappata su queste pagine, quella grande umma di scrittori, opinionisti, politici che va da Saviano a Buttafuoco, dalla Mogherini a Massimo Fini. È l'accusa definitiva, la lettera scarlatta che questa bruttissima bella gente imprime sopra le tue tesi per screditarle, qualora devino dall'unico canovaccio accettato in società: l'Islam è una religione di pace, anzi una benedizione per questo Occidente sprofondato nell'abiezione consumista (quella che connota le società libere, per intenderci). Si porta molto nei talk televisivi e ormai anche nelle accademie elitarie come Oxford, che ha appena imposto di sciogliere le associazioni studentesche cristiane perché, dannati eversori, potevano ricadere nel peccato di islamofobia. Che ad esempio in Canada è già reato, e qualcosa del genere è da tempo allo studio dell'Euroburocrazia di Bruxelles, oltre che auspicato ogni mese dalla nostra presidente della Camera, Laura Boldrini. In ogni caso mi scuserà, il Soviet trasversale dell'Islamicamente Corretto, ma vorrei accompagnare questa mia confessione spontanea con un'annotazione linguistica, che chiedo sia messa a verbale. “Islamofobia”, se stiamo alla radice greca delle parole (mi appello agli antichi Greci prima che il politicamente corretto li metta all'indice, dal momento che chiamavano “barbari” tutti i non-Greci), significa “paura dell'Islam”. Ebbene mi perdonerete, solerti agenti della psicopolizia coranica, ma la paura tecnicamente è un sentimento. O meglio, per parlar bene in psicologhese, un'”emozione primaria”. La paura ti comanda, non viceversa, e scatena addirittura delle reazioni organiche, altera il battito cardiaco, il sistema nervoso, ti divora l'anima. La paura dell'Islam, esimi guardiani di Allah, non è un'opinione, è qualcosa che viene ben prima e sta ben al di sotto della coscienza razionale, siamo in pieno inconscio e in puro biologico. È la zona più intima e inviolabile di ciascuno di noi, siamo nel privato del privato, là dove neanche i totalitarismi sono riusciti ad arrivare. Non potete dirci quali sentimenti provare, figuratevi, non possiamo farlo nemmeno noi. Io provo paura dell'Islam, lo ammetto, e credo di averne diritto. Sì, perché a dirla tutta, e sono pronto a firmare la confessione integrale, trovo che la paura dell'Islam oggi sia un sentimento fondato. Voi no? Ormai viaggiamo alla media di un attentato al mese in Europa. Le ultime, Laura e Mauranne, 37 anni in due, sgozzate nella stazione dove attendevano il treno, normale e spensierata prassi adolescenziale, al grido di “Allah è grande!”. Mai che sbraitino “Confucio è grande!”, “Buddha è grande!”, “Cristo è grande!”, i macellai, e davvero chiedo scusa, venerabilissimi imam della società multiculturale, ma è cronaca, ed è dalla cronaca che nasce la paura. Il fratello del killer l'hanno arrestato a Chiasso, perché “minacciava la sicurezza della Svizzera”, e Chiasso è qui, a pochi passi, per tacere di tutte le cellule terroriste scoperte a utilizzare il nostro Paese come base logistica. Nel mondo si tagliano teste quotidiniamente in nome di Allah (anche di italiani, come quel Fabrizio Quattrocchi a cui il Pd non voleva intitolare una via di Genova), si lanciano tir a tutta velocità contro la folla in nome di Allah, si spediscono kamikaze contro i civili in nome di Allah. Per cui davvero non so come dirvelo, illustrissimi sacerdoti della sharia laica, cattivissimi maestri dell'incontro suicida di civiltà, ma io avrei una leggerissima paura dell'Islam. Di più, sono convintamente islamofobo. di Giovanni Sallusti

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