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Quarto Oggiaro, chiuso un bar su tre: "Sono ritrovo dei clan"

Nicoletta Orlandi Posti
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Quasi un bar su tre. Se vi capita in questi giorni di passare dalle parti di Quarto Oggiaro, quartiere noto della periferia nord-ovest di Milano, e notate una serie di saracinesche abbassate non stupitevi troppo: è il risultato di una serie di controlli a tappeto operati dalla Polizia di Stato e dalla Asl a ridosso di via Lessona. Già, perché nel setaccio delle forze dell'ordine sono finite ben 53 attività commerciali della zona. Risultato? Su 19 bar si è abbattuta la mannaia della sospensione temporanea della licenza, e 10 di questi hanno già subito il provvedimento di chiusura. Nessuno al bancone, insomma. Anche perché in tutti i casi segnalati i militari hanno contestato l'ex articolo 100 del Tullps, il vecchio Testo unico sulle leggi di pubblica sicurezza: «Il questore può sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose». Detto fatto: il questore Luigi Savina ha mandato tutti a casa. Tra i bar coinvolti in questa maxi-retata estiva anche il famoso «Bar Quinto», la cui riapertura è prevista per oggi. In quella tavola fredda di via Satta, infatti, gli agenti della polizia ci sono andati ben 12 volte tra il dicembre dell'anno scorso e il luglio appena passato: in ogni occasione ci hanno trovato gli stessi pregiudicati (qualcuno addirittura con l'accusa di associazione di stampo mafioso). Orario preferito per il convivio: dalle 16 alle 20.30, tanto per dire. L'operazione è scattata dopo la segnalazione di una donna il cui figlio 18enne subiva le angherie del padre. L'uomo, una passione senza controllo per il videopoker e nessun lavoro stabile, costringeva il ragazzo a consegnargli i soldi della sua prima assunzione per pagare quel vizio che l'aveva portato sul lastrico e che spendeva, manco a farlo apposta, proprio al Bar Quinto. Lì, alle prese con le slot-machine e quella delicata situazione familiare, alle forze dell'ordine è venuta l'idea: mettere sotto torchio tutti i bar della zona. L'uomo adesso è in cura al Sert, il servizio per le tossicodipendenze e sta cercando di guarire la propria ludopatia. Nel frattempo, però, Polizia di Stato, Asl e polizia locale si sono rimboccate le maniche e per sei mesi di fila hanno collaborato assieme, sotto il coordinamento e l'organizzazione del Commissariato di zona. Così hanno fatto luce su quello che stava avvenendo nei bar del quartiere. Oltre alle misure di chiusura temporanea (ognuna dura in media dai sette ai 20 giorni) sono fioccate anche parecchie sanzioni: 57, per la precisione, dell'importo di 450 euro a testa. Il motivo? I militari in servizio hanno trovato alcune slot-machine accese in orari in cui non era consentito. Ancora: in una decina di caffè la Asl ha rilevato la presenza di blatte, cibi scaduti e scarsa igiene. Anche qui sono arrivate le sanzioni. di CLAUDIA OSMETTI

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