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Il governo taglia gli ambasciatori che non ci sono

In Mauritania solo un console, in Islanda e in Repubblica Dominicana solo un incaricato d'affari

Matteo Legnani
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A parole è bravo, bravissimo. E per ora, la tattica funziona, coi sondaggi suoi e del Pd che volano in attesa della tornata elettorale del 25 maggio per europee ed amministrative. I fatti, dice lui, verranno. Gli italiani se lo augurano. Ma intanto incassano promesse e annunci. Suoi e dei suoi ministri. Come quello sparato ieri dal ministro degli esteri Federica Mogherini in tema di spending review applicata alle rappresentanze diplomatiche italiane all'estero. Tema di cui s'è fatto un gran parlare, nei giorni scorsi. Per gli stipendi "monstre" dei nostri ambasciatori (anche paragonandoli a quelli degli ambasciatori di altri Paesi europei) e per le spese connesse al funzionamento delle rappresentanze. Così, Mogherini fa il grande annuncio: "Chiuderemo quattro ambasciate". E per dimostrare che dice sul serio, spiega anche quali: quella di Reykjavik in Islanda, quella di Tegucigalpa in Honduras, quella Nuakchott in Mauritania e quella di Santo Domingo nella Repubblica Dominicana. Comprensibile, visto che Santo Domingo a parte, le altre sedi non corrispondono esattamente alla significativa presenza di italiani in quei Paesi. Ma ecco che, nel giro di poche ore, il bluff renziano viene smascherato. Innanzitutto, in tre delle quattro sedi citate dalla Mogherini, non c'è un ambasciatore, cioè uno di quei signori che tra stipendi e indennità si portano a casa circa 600mila euro l'anno. E il cui taglio, sì che farebbe risparmiare. A Nuakchott c'è solo un consolato che dipende dall'ambasciata di Dakar in Senegal, mentre a Reykjavik e Santo Domingo ci sono semplici vice consolati onorari. Insomma: sai che taglio...

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