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Senato, parla Giorgio Napolitano e Forza Italia e M5S lasciano l'aula. Berlusconi: "Golpista". Scilipoti lo sfida: cartello con "2011"

Giulio Bucchi
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Una contestazione mai vista in Senato a un ex presidente della Repubblica: Giorgio Napolitano parla, i senatori di Movimento 5 Stelle e Forza Italia lasciano l'aula e Domenico Scilipoti espone il cartello "2011". L'anno è quello del "golpe" contro Silvio Berlusconi, quando l'allora Capo dello Stato avrebbe favorito, secondo molte voci nel centrodestra, la crisi di maggioranza prima e la sostituzione del Cavaliere con Mario Monti a Palazzo Chigi poi. A Palazzo Madama sta per andare in scena il voto finale al ddl Boschi, la riforma del Senato. Una formalità, e infatti tutti sono concentrati su cosa succederà quando prenderà la parola il senatore a vita Napolitano. "Un golpista non lo voglio sentire", dice nel salone Garibaldi il senatore azzurro Remigio Ceroni a chi gli chiede come mai i senatori di Forza Italia abbiano deciso di lasciare l'emiciclo appena iniziato l'intervento di Re Giorgio. "Io a Napolitano non lo farei parlare...", sarebbe stato il commento dello stesso Berlusconi, alla riunione dei gruppi di Forza Italia nella sala Koch del Senato. Secondo qualcuno dei partecipanti, il Cav sarebbe sbottato così: "Ora basta, Napolitano non dovrebbe proprio parlare, non farei parlare chi ha compiuto un golpe...". Alla fine, vince l'altra opzione: tutti fuori. Il tempo però per consentire al senatore Scilipoti di tirare fuori dalla tasca un foglio con la scritta "2011" e di appoggiarlo sul banco di Napolitano prima che prenda la parola. Poi ne espone altri e viene censurato dal presidente del Senato Pietro Grasso. Napolitano ha quindi iniziato a leggere il suo testo senza fare alcun riferimento all'accaduto. Il Pd fa quadrato intorno all'ex presidente. "Sono intollerabili le critiche di Berlusconi e le contestazioni di esponenti di FI e M5S nei confronti del Presidente emerito", avverte Alessia Rotta, della segreteria del Partito democratico. "Egli - riprende - è stato per nove anni fedele garante della Costituzione e arbitro equidistante delle vicende della democrazia repubblicana. Il suo spirito di servizio verso lo Stato e i cittadini italiani è indiscutibile, come dimostra la sofferta scelta di prolungare il suo mandato al Quirinale. Una scelta, lo voglio ricordare, che gli fu chiesta da gran parte del Parlamento e che egli accettò a patto di dare il via alle riforme".

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