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Tav, crisi isteriche e web ecco la partenza-choc dei grillini

Ignazio Stagno
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  - di Luciano Capone La strategia di avvicinamento a Grillo di Pier Luigi Bersani non sembra raccogliere frutti. Dopo le frecciata di Matteo Renzi contro il corteggiamento del Pd definito «nuovo scilipotismo», il segretario del Pd prende porte in faccia anche dai grillini. Grillo attacca Bersani dal suo blog: fai poche chiacchiere e rinuncia ai 45 milioni di finanziamento pubblico al Pd. Bersani reagisce come la donna del Teorema di Marco Ferradini («prendi una donna, trattala male e allora sì vedrai che t'amerà») e continua ad inseguire il M5S. Grillo teme che il corteggiamento del segretario del Pd possa fare colpo su qualche suo parlamentare e, attraverso le parole della capogruppo alla Camera Roberta Lombardi, fa sapere ai suoi che è proibito fare accordi col Pd: «Se c'è chi deciderà di farlo sarà fuori dal movimento». Per la serie «se ti vedo in giro con quel tipo, ti caccio fuori di casa». Il metodo non è la democrazia liquida raccontata da Casaleggio nel futuribile mondo di Gaia, ma è quello già esposto da Grillo in un altro celebre video: «Se c'è qualcuno che reputa che io non sia democratico, che Casaleggio si tenga i soldi, allora prende e va fuori dalle pa...e». È il metodo che è ha portato all'espulsione di molti militanti senza nemmeno far finta di convocare i probi viri, ma con la lettera di uno studio legale o con un semplice p.s. sul sito (p.s. che nel gergo grillino sta per puoi sparire e non per post scriptum).   Grillo aveva ribadito in altri termini lo stesso concetto, peraltro già espresso da Gianroberto Casaleggio, in un tweet: «Qualora ci fosse un voto di fiducia dei gruppi parlamentari del M5S a chi ha distrutto l'Italia, serenamente, mi ritirerò dalla politica». Passo indietro che però equivarrebbe alla liquidazione del M5S, visto che il comico genovese è il proprietario del partito, del simbolo e del blog, organo ufficiale del movimento. Per evitare di essere frainteso, Grillo ha successivamente aggiunto che «non ci sarà alcun referendum interno» per verificare appoggi al nuovo governo. Il referendum evidentemente l'hanno già fatto lui e Casaleggio. «Uno vale uno» ma qualcuno vale più degli altri, alla democrazia diretta si sostituisce il centralismo democratico di leniniana memoria: decide il leader e gli altri seguono la linea. Il culto della personalità raggiunge vette nordcoreane quando la capogruppo Lombardi candidamente dichiara che la minaccia di Casaleggio e Grillo di andarsene se si vota la fiducia al Pd «è stato un gesto di una ricchezza incredibile per il movimento», che dimostra che «non sono deus ex machina ma due persone nella rete come noi». Il pericolo però è che sia tutto il paese a cadere nella rete di Grillo, visto che il Pd sembra correre a rimorchio delle battaglie del M5S. I grillini hanno rinunciato alla «marcia su Roma» in occasione dell'insediamento in Parlamento, ma non hanno abbandonato l'idea di fare una «marcia NoTav»: il 23 tutti i parlamentari a 5 stelle saranno in Val di Susa per bloccare i lavori della Torino-Lione e nel Pd molti esponenti, uno su tutti il sindaco di Bari Michele Emiliano, si stanno spostando su posizioni NoTav.  Grillo alza la posta e il Pd lo rincorre, fino ad arrivare all'ultima provocazione del neo «cittadino-onorevole» Aris Prodani: «Chiediamo noi al Pd i voti per sostenere un governo a guida 5 stelle». Prodani dice che forse non se la sentirebbe di fare il presidente del Consiglio e che comunque anche il premier-megafono-cittadino sarebbe deciso «con un referendum online». Se il Pd dovesse accettare la proposta, il paese potrebbe affrontare la crisi con un presidente del Consiglio «vegano e disiscritto dalla Chiesa Cattolica» che crede che negli Usa mettano microchip sottopelle per controllare la popolazione. Meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine.     

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