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Caduta dei capelli da farmaciarriva una soluzione naturale

L'alopecia da chemioterapici insorge da 1 a 8 settimane dall'inizio della terapia ed è di solito reversibile. Nelle forme permanenti oggi si può risolvere grazie all'epitesi del capillizio

Maria Rita Montebelli
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L'alopecia da chemioterapici è lo spettro che affligge le donne colpite da patologie oncologiche perché ha un impatto maggiore sulla vita di relazione, come è emerso a Roma durante la riunione annuale 'Il Corpo Ritrovato' del board scientifico dell'Istituto di ricerche dermatologiche Derming. L'incidenza dell'alopecia indotta da chemioterapia è del 65 per cento dei casi trattati e, per il 47 per cento delle donne che ne soffrono, questo è senz'altro l'effetto più traumatico della chemioterapia. Se in forma acuta, l'alopecia da chemioterapici si manifesta entro due mesi dall'inizio della prima somministrazione ed è nella maggior parte dei casi reversibile. E' indotta dall'assunzione di busulfano (50 per cento dei pazienti) o da radiazioni (con sintomi correlati alla dose). La forma permanente è, invece, più rara, e riguarda pazienti colpiti da patologie emato-oncologiche e si manifesta in associazione a trapianto di midollo. E' infatti causata da farmaci come ciclofosfamide, thiotepa e carboplatino (CTC). La caduta dei capelli in seguito a chemioterapia è solo una della conseguenze visibili della tossicità cutanea che interessa l'80 per cento dei pazienti oncologici nei vari distretti corporei, dal corpo al volto, dalla testa alle unghie con un disagio elevato e uno scadimento della qualità della vita. Come spiega la dottoressa Adele Sparavigna, specialista in dermatologia e presidente dell'Istituto di ricerche dermatologiche Derming: “La chemioterapia, di norma, agisce distruggendo tutte le cellule, sia quelle cancerose che quelle sane. Le cellule normali più sensibili all'azione tossica della chemio sono quelle in rapida crescita. Dal momento che le cellule responsabili della crescita dei capelli tendono a dividersi molto rapidamente per riprodursi, esse possono essere frequentemente uccise dalla chemioterapia, causando l'assottigliamento dei capelli e, molto spesso, la caduta totale dei capelli, ovvero l'alopecia da chemioterapia”. L'alternativa non chirurgica alla parrucca oggi disponibile si chiama epitesi del capillizio e ha un risultato esteticamente naturale e confortevole, tanto che il soggetto può fare sport, sudare, nuotare, fare lo shampoo ed andare dal parrucchiere. Il presidio medico è personalizzato e realizzato con una pelle di sintesi di circa 700 micron di spessore, che modellata sul cranio del paziente prevede l'innesto da 150 a 400 capelli naturali per cm 2. Il dispositivo viene adeso alla cute con appositi prodotti dermocompatibiliIn questo modo ondulazione, lunghezza, colore, calibro e verso del capello sono uguali a quelli della capigliatura naturale del paziente. Il presidio ha una gestione molto semplice: viene rimosso ogni 3-4 settimane da personale specializzato e sottoposto a igienizzazione. L'operazione dura circa un'ora. La dottoressa Sparavigna specifica inoltre che “i materiali utilizzati, resine e colle, sono materiali di qualità chirurgica e certificati, quindi caratterizzati da elevatissima tollerabilità, traspirabilità ed aspetto uguale a quello della cute normale”. La corretta gestione dell'alopecia da chemioterapici, tuttavia, comincia con una accurata prevenzione per individuare i soggetti a rischio: “donne con seborrea, pregressa storia di acne/dermatite seborroica, capelli fini e sottili, anche familiarità per cuoio capelluto poco folto” specifica la dottoressa Maria Concetta Pucci Romano, specialista in dermatologia e presidente del board. La dermatoscopia locale permette di monitorare la salute dei follicoli pilo-sebacei che, se non si interviene in tempo, vanno incontro a involuzione irreversibile. Nell'ottica di una gestione globale della patologia oncologica il dermatologo è quindi una figura chiave, a fianco del paziente nel trattamento degli effetti avversi che più gravemente incidono sulla sua vita sociale. Nasce proprio dall'esigenza di prendersi cura efficacemente della categoria di pazienti più colpita nella vita di relazione, ossia quella della Net Generation e dei Millenials l'app DOskincare ideata dal board di dermatologi de ‘Il Corpo Ritrovato'. L'associazione scientifica no profit che si prende cura dei pazienti oncologici dal punto di vista dermo-cosmetologico punta sulla diffusione capillare dello smartphone per affrontare con immediatezza la tossicità cutanea e migliorare l'aderenza alla terapia. L'app suddivide i distretti corporei più colpiti in aree tematiche (viso e corpo, mucose, unghie, eccetera) con i diversi quadri clinici (radiodermiti, rashpapulo-pustoloso, paronichie, e così via). Ciascuna area è approfondita con 3 sezioni: Informazioni, Prevenzione e Trattamento. Nelle prime due vengono discussi modalità di presentazione, sintomi, e misure preventive relativi all'evento avverso, sono accessibili agli operatori sanitari e ai pazienti, mentre la sezione del Trattamento è esclusivamente riservata al medico, e necessita di registrazione. Tutti i contenuti inoltre possono essere condivisi e postati su social network, whatsapp, mail. L'intento è quello di diffondere la cultura multidisciplinare della 'oncodermatologia di supporto' che limita il proliferare di fake news e tiene alto e autorevole il livello di informazioni che entrano nel flusso dei social. (MARTINA BOSSI)

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