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Siot: chirurgia ortopedica ai tempi del 'dottor Robot'

Ogni anno, in Italia, 175 mila interventi di protesi articolare. Le prospettive discusse al 102° Congresso della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia appena concluso a Palermo

Maria Rita Montebelli
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La chirurgia robotica è  stato uno degli argomenti scientifici più interessanti affrontato dal 102° Congresso nazionale SIOT, da poco conclusosi a Palermo. Secondo la definizione corrente, la chirurgia robotica (Robotic Assisted Surgery) utilizza mezzi robotici che consentono all'operatore di praticare un intervento chirurgico manovrando, a distanza, un robot non completamente autonomo, ma in grado di eseguire manovre comandate. Dall'inizio del secolo, quando la FDA americana diede il via libera all'impiego del primo robot chirurgico, si calcola che i robot abbiano eseguito oltre 4 milioni di interventi nel mondo. In Italia, si stima che siano tra i 12 e i 15 mila gli interventi operatori compiuti ogni anno con l'impiego di un sistema robotico. Al momento attuale ne operano nel mondo circa 4 mila, dei quali un'ottantina sono attivi in Italia. Dal 2009 la chirurgia robotica è realtà anche in ambito ortopedico, in particolare per la chirurgia protesica articolare dell'anca e del ginocchio. Introdotta in Italia nel 2011, grazie al sistema con braccio robotico MAKO, si stima siano già stati eseguiti nel nostro Paese 3 mila interventi con questa tecnologia. Il sistema è oggi presente in 12 ospedali pubblici e privati in Italia e in oltre 400 centri nel mondo. “La chirurgia ortopedica e traumatologica hanno, nel nostro Paese, una storia lunga e gloriosa. Basti pensare che la Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia è nata nel 1891 – dice Giuseppe Sessa, ordinario di Clinica ortopedica e traumatologica all'Università degli studi di Catania e Presidente SIOT – In questi anni la specialità si è via via evoluta, con l'adozione e l'introduzione di nuovi materiali e nuove tecnologie di intervento, tra le quali la tecnologia robotica”. “Abbiamo trattato il tema delle fratture complesse dell'arto superiore, che oggi, grazie al miglioramento delle tecniche, all'approccio multidisciplinare ed al ‘timing' di trattamento, permette di conservare l'arto e recuperarne la funzione in situazioni che, in passato, avrebbero probabilmente richiesto interventi demolitivi – spiega Michele D'Arienzo, direttore della Clinica ortopedica e traumatologica dell'Università di Palermo, che ha presieduto il congresso insieme a Ernesto Valenti, responsabile ortopedico della Casa di cura ‘La Maddalena' di Palermo – Abbiamo affrontato il fondamentale tema delle infezioni, che mettono spesso a dura prova le nostre capacità di chirurgo. A fronte di oltre 160 mila interventi di protesi e revisione di anca, ginocchio, spalla, caviglie e gomito eseguiti ogni anno in Italia, più di quattromila pazienti devono, infatti, fare i conti con infezioni chirurgiche post-operatorie. Sotto questo aspetto, la tecnologia robotica, grazie alla minore invasività, dovrebbe garantire migliori risultati”. “Il primo intervento di chirurgia ortopedica con tecnologia robotica venne effettuato in Italia nel 2011 applicando una protesi mono-compartimentale di ginocchio – racconta Fabio Catani, direttore Struttura complessa di Ortopedia e Traumatologia, Dipartimento Scienze mediche chirurgiche materno infantili e dell'adulto, Università di Modena e Reggio Emilia – I vantaggi del sistema con braccio robotico MAKO attualmente disponibile sono numerosi, per il chirurgo e per il paziente: consente infatti, interventi più accurati, meno invasivi, con riduzione dei tempi di recupero e delle complicazioni post-operatorie. Infatti, garantisce la massima precisione nel posizionamento della protesi d'anca o di ginocchio (sia mono-compartimentale sia totale), le tre applicazioni per le quali è stato sinora validato. Grazie all'esecuzione di una Tac prima dell'intervento, che permette una scansione tridimensionale dell'area in cui andrà impiantata la protesi, il chirurgo può pianificare nel minimo dettaglio le azioni che il braccio robotico eseguirà durante l'operazione. Ciò consente di rispettare al meglio i tessuti ossei, articolari e muscolari coinvolti e di ridurre gli errori di posizionamento della protesi, con una efficacia ben superiore a quella dell'intervento chirurgico tradizionale, in base a indicatori che tengono conto della soddisfazione del paziente, dei parametri clinici e delle complicanze”. In Italia, secondo i dati del report 2016 del Progetto Registro italiano artroprotesi (Riap), coordinato dall'Istituto superiore di sanità, in collaborazione con Ministero della salute, SIOT, numerose Regioni, Assobiomedica e l' Associazione pazienti con malattie reumatiche (Apmar), si eseguono annualmente oltre 175 mila interventi di protesi articolare (dati 2014), con una crescita del 70 per cento dal 2001, in cui questi interventi erano stati poco più di 103 mila. Il 56,8 per cento degli interventi (circa 99.500) riguarda l'anca, il 38,4 per cento (circa 67.300) il ginocchio, con il rimanente 3,8 per cento a carico delle altre articolazioni (spalla, gomito, polso, caviglia). “La chirurgia protesica d'anca e di ginocchio, come dimostrano questi numeri, rappresenta la quasi totalità di questa tipologia d'intervento e il poter disporre di un sistema robotico con queste prestazioni è di sicuro interesse. Anche se, va ricordato, questo dono dell'evoluzione tecnologica non potrà mai prescindere, almeno per i prossimi decenni dalla mano e soprattutto dal cervello dell'uomo”, conclude Sessa. (EUGENIA SERMONTI)

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