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Il diabete e la sua transizionedall'adolescenza all'età adulta

A Roma la conclusione del ‘tour' organizzato da ‘Diabete Italia' che ha fatto tappa in varie città d'Italia con l'Intergruppo parlamentare ‘Qualità di vita e diabete', e il supporto di Sanofi

Maria Rita Montebelli
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Una tra le patologie croniche più diffuse in Italia e al mondo, eppure poco conosciuta e quindi spesso diagnosticata tardi e mal curata. E' il diabete, di cui soffrono quasi quattro milioni di italiani e oltre 400 milioni di persone nel mondo. Le stime, non incoraggianti, prevedono un incremento fino a 642 milioni entro il 2040. Per una maggiore informazione e consapevolezza è stato organizzato il forum ‘Insieme per il diabete', promosso da Diabete Italia con l'Intergruppo parlamentare ‘Qualità di vita e diabete' e il supporto di Sanofi, un lungo tour che ha fatto tappa in varie città d'Italia, da Firenze a Milano, da Napoli a Bari, per concludersi a Roma, alla vigilia della Giornata Mondiale del Diabete istituita nel 1991 dall'International Diabetes Federation e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, che si celebra ogni anno il 14 novembre. Al centro del Forum il problema della transizione verso l'età adulta, quella fase cruciale nella vita di una persona con diabete che rappresenta il delicato passaggio dall'assistenza pediatrica a quella diabetologica dell'adulto e che coinvolge non solo il giovane e la sua famiglia, ma anche medici, infermieri, psicologi e associazioni di pazienti. Stefania Fregosi, direttore del gruppo di Brand and Customer Experience di GfK Italia ha presentato la ricerca effettuata su base nazionale che analizza quanto la transizione influenzi la relazione del giovane con la patologia e l'impatto che quest'ultima ha nella vita sua vita quotidiana. Dall'indagine, effettuata su persone con diabete di tipo 1 di età compresa tra i 18 e i 35 anni, è emerso che 1 su 3 vive la relazione con il diabete come una ‘lotta quotidiana'. Il 20 per cento del campione preso in esame ha dichiarato che l'area maggiormente critica è quella del lavoro. Il 36 per cento pensa che il diabete limiti, o abbia limitato, le sue possibilità lavorative e di carriera. La transizione dal Centro pediatrico al Centro per adulti. Il 67 per cento dei giovani intervistati è passato da un centro pediatrico ad uno per adulti (il 20 per cento è stato seguito direttamente da un centro per adulti, mentre il 13 per cento non ha ancora effettuato la transizione) e il 70 per cento di chi ha effettuato la transizione si è rivolto ad un altro centro/ospedale diverso da quello pediatrico. 2 giovani su 3 hanno effettuato il passaggio entro i 20 anni, 1 su 3 (il 35 per cento) vi è passato più tardi (comunque entro i 30 anni) principalmente perché si trovava bene presso il centro pediatrico da cui era seguito (45 per cento) e perché ha avuto necessità di più tempo per cercare informazione e capire come muoversi (il 22 per cento degli intervistati) Il forum a chiusura del Tour. All'evento, tenutosi presso il Centro Roma Eventi in Piazza di Spagna (via Alibert 5/a) hanno partecipato, tra gli altri, il presidente della Regione Nicola Zingaretti, il presidente della VII commissione consiliare regionale politiche sociali e salute Rodolfo Lena, Giovanni Lamenza, presidente Diabete Italia, Concetta Suraci, vicepresidente Diabete Italia, Lorenzo Becattini e Luigi D'Ambrosio Lettieri, presidenti dell'Intergruppo 'Qualità di vita e diabete', Raffaella Buzzetti, ordinario di endocrinologia Sapienza Università di Roma e responsabile UOD di Diabetologia, Azienda Ospedaliera Policlinico Umberto I, Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva, Rita Lidia Stara, presidente Federazione Diabete Emilia Romagna, e Alexander Zehnder, presidente e ad Sanofi. Gli obiettivi principali della transizione. Continuità delle cure, miglior monitoraggio del controllo metabolico e delle complicanze, sostegno educativo e attenzione alle problematiche sociali e psicologiche della persona. Il giovane passa da una fase protetta e condivisa con la famiglia ad una nuova fase di maggiore autonomia e responsabilità, anche nella scelta del centro diabetologico dell'adulto. “Per il giovane adulto affetto da diabete di tipo 1 – spiega Concetta Suraci - il periodo della transizione dal centro diabetologico pediatrico a quello dell'adulto è una fase molto delicata che si inserisce in un momento della vita già caratterizzato da cambiamenti psico-fisici molto impattanti. Per questo è necessario che le aree della diabetologia pediatrica e dell'adulto siano fra di loro collegate, in particolare proprio al momento della transizione, preferibilmente con percorsi diagnostici, terapeutico e assistenziali (PDTA) specifici, come suggerito dal Piano Nazionale della malattia Diabetica che prevede il coinvolgimento di gruppi di lavoro multi-professionali, anche se purtroppo ancora oggi solo in poche regioni sono stati attivati”. “Questa iniziativa – commentano Becattini e D'Ambrosio Lettieri - ha permesso di ascoltare sul territorio le associazioni di pazienti, gli specialisti, le istituzioni nazionali e locali, raccogliendo così tante buone pratiche che possano fare ‘scuola'. In questa legislatura abbiamo fatto dei passi in avanti importanti. Nei giorni scorsi abbiamo presentato due interrogazioni: alla Camera sul tema della transizione, incoraggiando il Governo a far sì che in ogni Regione questa fase sia curata nel miglior modo possibile; al Senato sulla dispensazione dei farmaci innovativi, chiedendo di intervenire subito e con interventi efficaci per consentire una rapida revisione dei percorsi assistenziali in modo da assegnare un ruolo maggiore ai medici di medicina generale, sia nel campo della formazione che nella capacità prescrittiva dei farmaci incretico-mimetici, nonché di presa in carico di malati cronici, in particolare diabetici”. “Il percorso di confronto da noi promosso in varie tappe su tutto il territorio nazionale – commenta Alexander Zehnder - è stato un'importante opportunità di ascolto di quelle che sono le esigenze del giovane con diabete. E' anche da questo che traiamo risposte e iniziative concrete che rappresentino un reale beneficio in termini di consapevolezza e di qualità di vita, nonostante la patologia”. (EUGENIA SERMONTI)

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