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Cuore, tachicardia, sbalzi di pressione e di umore, la clamorosa diagnosi: perché ne soffrite di più

Giulio Bucchi
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La fine di un amore è oggi considerata dalla scienza una delle esperienze più dolorose e più logoranti della vita, e più il sentimento è stato grande, intenso e profondo, maggiore è la sofferenza per la sua perdita, percepita addirittura come peggiore rispetto alla morte fisica del coniuge, perché il "lutto" per qualcuno che è vivo e vegeto e continua la sua vita senza di noi è ancora più complicato da superare ed elaborare, e provoca effetti fisici e psicologici più negativi di un reale stato vedovile. Naturalmente il dolore emotivo è percepito allo stesso modo in entrambi i sessi, ma in modo differente tra chi lascia e chi viene lasciato, ed in genere è quest' ultimo quello che non riesce ad adattarsi al nuovo stato, che non si arrende all' evidenza, che non vuole sentirsi rifiutato e resta agganciato all' altro, che protesta e si ribella alla rottura, e che infine cade in preda alla disperazione per l' avvenuto distacco. Secondo una nuova ricerca scientifica, pubblicata su Psychoneuroendocrinology, i danni che può fare la perdita di una persona amata sono accertabili clinicamente e con analisi di laboratorio, e possono effettivamente segnare la vita di un individuo apparentemente sano e portarlo ad ammalarsi in maniera spesso seria. Nei tre mesi successivi ad un divorzio infatti, coloro che si sentono abbandonati sarebbero più predisposti ai fattori di rischio collegati al cuore, come per esempio le malattie cardiovascolari e l' ipertensione, che aumentano nel trimestre incriminato del 53% rispetto a condizioni normali, e si instaurano i sintomi nevrotici di una vera e propria crisi di astinenza, perché l' amore e la droga utilizzano gli stessi circuiti neuronali, e spesso si hanno, come per le tossico-dipendenze, drammatiche ricadute. Il tempo è un grande alleato per un cuore spezzato, e quando smettiamo di vedere l' amato i centri nervosi che sono coinvolti in questo fenomeno si indeboliscono, e i livelli di sostanze neurochimiche come la dopamina, la serotonina, la noradrenalina si iniziano a stabilizzare, adattando il corpo alle modifiche e facendo rientrare la razionalità e l' emotività alla normalità. Ma lasciare andare l' altro, disattivarlo dal nostro mondo interiore e rimodellarsi su nuovi equilibri non è mai automatico, nemmeno se siamo stati noi stessi a volere la fine di quella relazione logorata, perché anche se in passato abbiamo già vissuto abbandoni e perdite, anche se si crede essere pronti a questo passo, non lo si è mai del tutto, e ci si sente improvvisamente smarriti, fragili e impreparati. INCIDENTI E INFEZIONI La fine di un amore infatti, ci rende vulnerabili emotivamente, addirittura più esposti a incidenti e infezioni, perché siamo distaccati dal resto del mondo, distratti da tutto, disinteressati ai fatti quotidiani, concentrati su un pensiero fisso, e si instaura nell' organismo un calo delle immunoglobuline, ossia degli anticorpi, con un aumento consistente delle citochine, molecole proteiche il cui elevato livello è indice di uno stato infiammatorio generale in corso nel corpo, che può essere innescato appunto da una esperienza emotiva fortemente negativa. I ricercatori hanno constatato inoltre una variabilità importante della frequenza cardiaca, che espone il soggetto a rischio cardiaco e pressorio, con un conseguente stato clinico che genera tachicardia, inappetenza, insonnia, irritabilità e disinteresse per la vita quotidiana, che fa percepire addirittura un reale ed ingiustificato, dal punto di vista patologico, dolore fisico. Un cuore spezzato dalla fine di un amore importante è quindi più fragile anche per la scienza, con un chiaro nesso tra la scomparsa della persona amata dalla propria vita e il peggioramento improvviso della salute, ed il rischio esiste indipendentemente dall' età. Studi sullo stress infatti rivelano che quando si perde una persona con la quale si aveva grande intimità, nei tre mesi successivi è come aver perso una parte di sé, e nel profondo dell' anima avviene una sorta di amputazione emotiva che costringe il soggetto a vivere improvvisamente senza quella parte di corpo che pensava gli appartenesse, che aveva fatto sua, e che provoca inconsciamente la stessa sensazione di privazione di chi un arto lo ha perso davvero incidentalmente, cioè disperazione, facile pianto, depressione e abbattimento, per lungo tempo incurabili ed inconsolabili. La sequenza tipica di reazioni che si manifestano in casi come questi sono principalmente quattro: la negazione del fatto, seguita dalla protesta, dalla disperazione ed infine dal distacco. SHOCK PSICOLOGICO Di fronte allo shock psicologico della fine di un amore infatti, per prima cosa ci si chiede come sia potuto succedere, ci si illude che sia una crisi passeggera come tante, che non è possibile la morte di un sentimento così forte, non ci si crede, o ci si attacca a piccole cose, a piccoli segnali di falsa speranza nella vana illusione di recuperare. L' idea che una persona così intima non esista più, che abbia scelto di andare via, va oltre ogni nostra umana comprensione, ed è solo più tardi che si affonda nel dolore, quando si comincia a vedere meglio la realtà, che non è quella che abbiamo sperato fino allo stremo, che abbiamo rincorso, e che ci fa diventare instabili psichicamente, agire con gesti od azioni miserevoli che mai avremmo pensato di poter fare o commettere, con momenti di regressione, di aggressività e di angoscia, nei quali ogni residuo di dignità personale va a farsi benedire, soprattutto se contaminata dal fattore gelosia. Comunque solo dopo questa fase interviene la rabbia. Il rancore per la persona che ci ha abbandonato infatti, ci invade come un' onda montante e ci si chiede come il nostro amore abbia potuto fare questo, con tutto quello che invece abbiamo fatto noi di bene, e si inizia a demonizzare quella persona, a parlarne male, a raccontare in giro quanto sia ingrata, isterica, traditrice, cinica ed inaffidabile, in un accavallarsi di recriminazioni, di accuse, di sensi di colpa e frustrazioni che portano il soggetto a perdere completamente ogni lucidità di giudizio, sviluppando il desiderio di vendetta È importante sottolineare però, che gli psichiatri giudicano questa fase molto utile, se non addirittura indispensabile, perché per quanto controproducente essa rivela l' inizio di un lavoro interiore finalizzato a far pace con la perdita, a sminuire l' importanza di quella persona per riuscire ad abbandonarla. È una forma di autodifesa che quando inizia ad instaurarsi si inizia a sentirsi sollevati, ad alleggerire il peso sul cuore, ed anche a cambiare comportamento ed aspettative. Non si tratta naturalmente di un processo lineare e diritto, non ci sono tempi prestabiliti e molto dipende dalle particolarità individuali, dalla personalità, dal carattere, dall' autostima e dal contesto sociale della persona abbandonata, ma in genere non esistono mai sconti sul dolore, e tale dolore dell' anima va necessariamente elaborato, ha un percorso interiore definito, che non si riesce in alcun modo ad accelerare. L' ABBANDONO La sofferenza psicologica inoltre risulta maggiore quando la persona che ha lasciato vive l' abbandono come una liberazione, come la fine di un rapporto diventato ossessivo ed oppressivo, come l' inizio di una nuova vita, libera e senza catene, senza orari, regole e doveri, anzi viene percepito a livello sensoriale come l' arrivo salvifico della primavera dopo un lungo inverno freddo e buio. Molti amanti traditi inoltre, ostentano per orgoglio indifferenza sentimentale, ma coprire e mascherare il dolore per la scienza è un comportamento sbagliato, da evitare accuratamente perché fa malissimo, e reprimere l' emotività negativa è considerato deleterio, perché essa non viene affatto congelata, ma si deposita dentro come una zavorra, e prima o poi trova silenziosamente altri canali di sfogo, cioè esce da altre vie dell' anima e del corpo, sotto forma di disturbi psicologici e fisici. Bisogna stare attenti anche alle relazioni di rimbalzo, al famoso "chiodo-schiaccia-chiodo", ovvero all' utilizzo di altre persone per riempire quel vuoto immenso lasciato dalla relazione passata, perché le storie di passaggio possono lenire per breve tempo un dolore non elaborato, appagare sessualmente, ma non diventeranno mai impegnative o sostitutive del perduto amore. Eppure tali relazioni, pur essendo compensazioni compulsive, rivelano una forma di ribellione da una dipendenza emotiva ancora presente ma indebolita, e sono il presagio della fine dell' opposizione e della voglia di tornare a vivere la vita, e comunque sono l' inizio del traghettamento verso la ripresa e la piena accettazione della realtà. La fine di un amore prima o poi capita a tutti, e la psichiatria considera questo evento un' esperienza fondamentale per fare i conti con se stessi, poiché implica il riemergere faticoso di una identità che non è più quella doppia alla quale ci si era abituati, perché il dolore che provoca è utile, è compensatorio e quasi terapeutico, perché fa riscoprire, dopo tanto tempo, il lato più profondo, quello nascosto e represso di se stessi. di Melania Rizzoli

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