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Vittorio Feltri: "Ecco perché Gianfranco Fini non è Marine Le Pen"

Andrea Tempestini
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A volte ritornano, almeno nella mente dei giornalisti e dei direttori dei quotidiani. La brillante ascesa di Marine Le Pen in Francia è un'occasione buona per far tornare Gianfranco Fini tra i pensieri di Vittorio Feltri, che su Il Giornale parla delle carriere di Marine e Gianfranco. "Peccato, Fini non era la Le Pen". Il fondatore di Libero mette le due destre a confronto, e inizia un po' amarcord: "C'era una volta una destra un po' becera, fascistoide, abbastanza razzista, che in Francia era rappresentata da Jean-Marie Le Pen", il padre di Marine. In Italia, "lo stesso tipo di destra era capitanato da Giorgio Almirante, abile oratore che presto cedette lo scettro a Fini", l'erede che "aveva una caratteristica in comune con colui che lo aveva promosso e sponsorizzato: un notevole talento dialettico". Chi trionfa e chi scompare - Ora è tempo per i bilanci. Il fondatore di Libero prosegue: "Siamo arrivati al XXI secolo ed è giunto il momento di fare un consuntivo sugli ex fascisti". Si parte dalla Francia, dove Marine Le Pen "cavalcando un nazionalismo razionale e un antieuropeismo ravveduto e fondato su elementi concreti, sta trionfando". In Italia, Fini, "viceversa, pur essendosi mosso da una buona posizione grazie all'apparentamento con Forza Italia, guidata da Silvio Berlusconi, è pressoché scomparso, lui e il gruppone di Alleanza nazionale, figlia del Msi". Al trionfo di Marine, dunque, fa da contraltare il nulla assoluto dell'ex presidente della Camera e ormai ex leader futurista. "Perché Marine è decollata e Gianfranco si è inabissato?", si chiede Feltri. Gli errori di Gianfranco - Per trovare una risposta si parte sempre dalla Francia. "Madame Le Pen - prosegue il direttore - non si è mai agganciata a nessun carro. Ha creduto nella propria forza, nelle proprie idee, ed è andata avanti per la sua strada". Poi l'attenzione si sposta su Fini. E scatta il massacro. "Fini, poveraccio, è rimasto a secco. Peggio - prosegue Feltri -: non esiste più, scomparso, travolto dai propri errori macroscopici. Egli infatti, dopo aver raggiunto il 15 per cento circa dei voti, si è montato la testa. E l'ha persa". Dunque il direttore snocciola gli errori di Fini, dall'allearsi con Berlusconi per mettersi in luce con "un'ottima performance sotto il profilo dell'occupazione del potere" (vicepremier prima e presidente della Camera poi). Dunque Feltri insiste sul momento in cui fece confluire An nel Pdl, e così "tentò di esautorare il Cavaliere piazzandosi al suo posto o almeno di condizionarne l'attività". Le badilate del direttore - Insomma, Fini, "anziché continuare a essere avversario della sinistra, mirò a compiacerla allo scopo di stabilire con essa una sorta di tacita alleanza", il cui obiettivo finale era "far fuori Berlusconi". Peccato però che "quando il centrodestra è stato costretto ad abbandonare il governo, i partiti di sinistra, soddisfatti, hanno scaricato l'infiltrato non avendo più bisogno di lui". E oggi, cos'è Gianfranco? Il direttore ci va giù durissimo: "Uno zero assoluto. Ha fatto una fine miserrima e difficilmente potrà risolvere". In Francia, invece, "Marine, che non ha mai mirato alle poltrone (...), sta strappando risultati mirabolanti. La coerenza e la fedeltà ai princìpi pagano". Feltri conclude: "Chi non si aggiorna è un perdigiorno e si dissolve. Addio Fini. Brava Marine".

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