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Imballaggi, il Parlamento Ue approva il nuovo regolamento: cosa cambia per la spesa

Claudia Osmetti
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Sì, però adesso, in concreto, al banco frutta, a quello della verdura, al super, cosa cambia? Perché d’accordo le nuove norme dell’Unione europea, van bene le misure uguali per tutti, glissiamo sul loro scopo (che ci hanno ripetuto fino all’inverosimile sia quello di inquinare meno e non è detto che andrà così): ma se poi uno, per comprare due banane, deve restare col cestello in mano, qualcosa non quadra. L’europarlamento, ieri, ha approvato, 476 voti a favore, 129 contrari, 24 astensioni, il regolamento che uniforma le regole sugli imballaggi. In due parole (entreranno in vigore, effettivamente, tra sei anni, cioè nel 2030): andranno al bando le buste ultraleggere (tranne che al reparto degli sfusi), la plastica monouso ce la scorderemo (non solo al market sotto casa, ma anche al ristorante, per esempio per i condimenti, olio e aceto, al tavolo), lo stesso varrà per i prodotti di cosmetica negli alberghi, sarà vietato imballare la frutta e la verdura sotto il chilo e mezzo.

Ed è proprio qui che tornano, quelle due, benedette, banane. Perché chi è che ne compra un casco intero? Una famiglia media, un single, ne mangiano molte meno. Invece no. Strasburgo ha deciso, niente, un chilo e mezzo o morte. Vale lo stesso per la cicoria, le patate, i ravanelli, i fiori di zucca (che quelli s’afflosciano in una giornata, pensa te se devi comprarne a sporte piene). Si obietterà (e qualcuno l’ha già fatto): sì, ma resta sempre l’acquisto a peso, quello sfuso. Verissimo. Solo che non è la stessa cosa. Perché l’insalatina comprata non nella busta, generalmente, inizia a marcire prima. Quindi tra qualche anno ci troveremo nel dilemma di rimpinzarci il frigorifero di fragole (1,5 chili nel loro contenitore di plastica sigillato: hai voglia a sfornare torte con la panna) e consumarle tutte in fretta (sennò vanno a male e devi buttarle, alla faccia della lotta allo spreco che dovrebbe essere la ragione di tutto questo cancan), oppure comprarne di meno, sfuse, però non le vende nessuno le fragole sfuse, perché se sono mature al punto giusto, pur col guantino usa-e-getta, il cassettone vicino alla bilancia diventerebbe marmellata manco il tempo di andare alla cassa.

 

 

Infatti per Cristiano Fini, che è il presidente degli agricoltori italiani (Cia), questo è un divieto «critico, che non supporta il settore né sul fronte delle spese né sulla garanzia di una migliore conservazione del prodotto». Ma così è (non se vi pare, piuttosto perché pare all’Ue) per cui eccoci, le nuove norme, che prevedono una riduzione degli imballaggi del 5% entro il 2030 e del 10% entro il 2035, stabiliscono una proporzione massima di spazio vuoto del 50% e, nei prossimi cinque anni, una raccolta separata al 90% dei contenitori in metallo e plastica monouso per le bevande. Di più. «Il nuovo regolamento vieta molteplici tipi di packaging monouso in plastica e temiamo che danneggerà un intero sistema di eccellenza nel riciclo», aggiunge, tuttavia, severo, Marco Bergaglio che è il presidente di Unionplast, la Federazione della gomma plastica. Si riferisce, Bergaglio, alla «scelta ideologica di penalizzare il riciclo a favore del riuso». Non è una citazione a caso, il nostro Paese, secondo i dati del Consorzio nazionale imballaggi del 2022, riesce a riciclare addirittura il 71,5% di quello che scarta: «Decenni di investimenti e progressi per la creazione di un modello italiano di economia circolare assurto a leader a livello internazionale non sono serviti a nulla».

 

 

Una critica che solleva anche Giovanni Cassuti il presidente del Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il recupero degli imballaggi in plastica: «Questo cambio di strategia», dice Cassuti, «rimette in discussione un modello di riciclo consolidato che non consentirà alle amministrazioni nazionali di gestire con flessibilità l’assetto normativo e regolamentare. Ci auguriamo che il prossimo parlamento e la prossima commissione abbandonino quest’ottica pregiudizievole verso gli imballaggi in plastica e che si possa davvero collaborare a favore della sostenibilità ambientale, economica e sociale».

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